Oltre ciò, ogni vera «destra» è per definizione conservatrice. I nuovi scaldapopoli sono all’opposto rivoluzionari.
La vera «destra» è patriottica. I nuovi ciarlatani, come Musk, la patria se la son lasciata invece alle spalle e neppure si accontentano del mondo: vogliono Marte, vogliono lo Spazio, vogliono l’Universo.
La loro ambizione non è costruire e migliorare ciò che già esiste, ma distruggerlo.
Li abbiamo sin qui chiamati «neofascisti», giusto per distinguerli tanto dalla destra che dal Fascismo storico.
Adesso che sempre più numerosi vanno affacciandosi non soltanto nei più malfamati staterelli in Africa, Sudamerica, Europa o Medioriente, ma anche dagli scranni del comando negli Stati Uniti d’America, con un roboante programma che parla (strilla) di epurazioni, demolizioni, appropriazioni, distruzioni, la denominazione che meglio denota il fenomeno ci pare piuttosto quella di Sfascisti.
Sfasciare l’esistente è infatti il (solo) dichiarato obiettivo della nuova ideologia, che trova più di una sponda nel disperato tentativo di continuare ad esistere della Russia, o nei pruriti di una Cina in crescente disagio dentro abiti che si fanno sempre più stretti.
È sufficiente ascoltarne gli interminabili sproloqui, od anche soltanto scorrere le pagine di quel che è diventato «X»: il campo di un gioco di cui Musk scrive da sé le regole.
Non vi si scorgerà alcun’idea. Non una proposta. Non una verità. Solo un’interminabile scazzottata da saloon, senz’altro fine se non quello di spaccare lo spaccabile: tavoli, sedie, bicchieri o bottiglie che volano. E nient’altro.
Il medesimo spettacolo si rappresenta sulle pubbliche piazze: non si manifesta più per qualcosa, ma contro qualcosa. O meglio: contro tutto e contro tutti. Senza scordarsi di lordare muri, spaccare vetrine, saccheggiare negozi, incendiare automobili, abbattere statue, vandalizzare monumenti ed opere d’arte. Od anche uccidere, come quattro anni or sono a a Capitol Hill.
Tutto nel rabbioso desiderio di demolire in un sol colpo il presente e il passato. In nome di un futuro che gli sfascisti non sono in grado di dipingere, e neppure di immaginare. Anzi: per loro precisa scelta si rifiutano di farlo. Perché se definissero nei dettagli un qualsiasi ideale di mondo prossimo venturo, perderebbero la quasi totalità dei loro barbari seguaci.
È facile costruire una maggioranza contro qualcosa, vera o falsa che sia. È il principio che sta alla base di ogni linciaggio: un brutto ceffo con la voce più grossa degli altri agita un cappio e addita un colpevole a caso (meglio ancora se innocente) e, come a comando, una marea di vigliacchi gli si accoda brandendo fucili e bastoni, senza distinzione tra ricchi e poveri, padroni e servi, madri e figli, buoni e cattivi, religiosi e agnostici. Di fronte ad un nemico comune, vero o falso che sia, i diversi si accomunano.
Ma guai ad enunciare un obiettivo, una méta, un sol dell’avvenire! Non tutti si ritroveranno d’accordo, non tutti vorranno spendersi, non tutti affrontare nemici per quanto deboli, e la folla si disperderà.
Lo Sfascismo – questa è la sola cosa certa – non ha un futuro. Perché non può in alcun modo permettersi di averlo.
Indicare un nemico debole e indifeso – sia esso Panama o la Groenlandia – ed incitare gli Americani al linciaggio, può anche raccogliere milioni di persone. Ma non c’è linciaggio che non giunga a termine con la morte della vittima. E a quel punto la folla – annientato il conclamato nemico e tramutata la rabbia o in soddisfazione o in rimorso – torna a liquefarsi in quella somma di differenti contrastanti individui di cui ogni moltitudine è composta. Fino a che non compaia all’orizzonte qualcosa di nuovo da sfasciare.
È quel che regolarmente oggi accade in qualsiasi stadio, come millenni or sono in qualsiasi anfiteatro (incluso quel Colosseo non a caso tanto caro a Musk): nulla può fare di tante differenti persone un esercito compatto come puntare il dito su un nemico condiviso. Meglio se più debole (meglio di tutti l’arbitro!). Ma alla fine dell’incontro, indossati ciascuno i propri panni, il pubblico lentamente abbandona gli spalti. Senza scambiarsi neppure un saluto.
C’è una sola novità. E non da poco. Lo stadio di oggi è il web, e sugli spalti stanno appollaiati otto miliardi di esseri insoddisfatti e urlanti. Tutti vogliosi di sbraitare e menar le mani. Contro chi (come in ogni linciaggio che si rispetti) poco importa. Purché si veda scorrere del sangue.
Come si può combattere lo Sfascismo del Terzo Millennio?
In primo luogo ignorandolo: son gli sfascisti ad aver bisogno di noi, vogliosi come sono di un nemico. Spetta a loro non ignorarci, e dunque provocarci. Che ci provino.
Secondariamente: mostrandosi forti. I vigliacchi preferiscono i deboli e gli indifesi: stanno alla larga da coloro che intuiscono più forti. Vanno a pescar merluzzi, mica balene.
Infine: abbandonando gli spalti del web ed andandosi a godere il mondo e la vita. Selezionando con attenzione sulla rete i nostri simili e lasciando le altre specie animali in quelle gabbie che essi stessi si son costruite. Dove pochi parlano e troppi ragliano, belano, ruggiscono, squittiscono, ululano, muggiscono.
Gli sfascisti non durano un minuto in più di un qualsiasi incontro sportivo. Non hanno per definizione un futuro.
Dunque il mondo sarà di chi quel futuro è invece in grado di costruirlo, e non esiste altro modo per costruire qualcosa se non ideandola, progettandola, realizzandola.
Si torni dunque alle idee. Le si discuta e le si metta su carta. E quando il disegno sarà chiaro a tutti, ci si rimbocchi le maniche e lo si realizzi.
Così è andato avanti il mondo sinora. Così andrà avanti in futuro.
E Musk avrà forse modo di osservarlo. Dal suo lontano, lontanissimo, eremo su Marte.
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