C’è al mondo qualcosa che faccia scompisciare noi alati (con conseguenti piogge acide sul pianeta) più di quegli animali da televisione che ininterrottamente si affacciano sugli schermi con la bocca piena della parola «Europa»? Parlano dell’Europa come se fosse uno Stato e non un continente: — L'Europa dovrebbe...; — L'Europa non fa...; — La colpa è dell'Europa... Dicono «Europa», ma intendono l’Unione Europea: non uno Stato, ma un insieme di trattati a sfondo prevalentemente economico che legano fra essi alcuni Paesi europei (e non: come l'asiatico Cipro). Quand’essa è d’ostacolo ai loro immediati interessi, l’«Europa» è troppo invasiva della sacra sovranità nazionale. Quando è invece funzionale ai medesimi interessi, l’«Europa» fa troppo poco: dovrebbe aiutare di più i «cittadini», ristorare le perdite, difendere i confini e – possibilmente – sanare le piaghe e resuscitare i morti. La realtà – che nessuno vuole o sa vedere – è che l’Unione Europea, in quanto tale,
423 anni dopo il primo arrivo in Paradiso, confinato su una nuvola periferica al numero 22.676, ho finalmente conquistato le ali di angelo di terza categoria, col diritto ad alloggiare nella più signorile Nuvola 37. Ed è da qui che vi scrivo, per ringraziare l'umanità che con le sue eterne stupidaggini allieta le giornate di noi alati. Senza di voi, non avremmo che noia eterna. Grazie a voi, invece, non mancano occasioni per ridere, arrabbiarci, sbeffeggiarvi. In una parola: per vivere.