Può una banda di scalmanati armati di bombole di vernice presentarsi davanti al Senato della Repubblica Italiana e imbrattarne impunemente le mura esterne ed i preziosi infissi? La risposta è sì. E chi ha prematuramente applaudito la nascita del nuovo governo, confidando in una nuova stagione di ordine, legalità e sicurezza, se non addirittura di treni in orario, ha oggi più d’un motivo per ricredersi. Il cane abbaia, ma si guarda bene dal mordere. E l’assalto alla prima camera del Parlamento, crimine di massima gravità, resta di fatto impunito. Poco più che una ragazzata. Oltre ciò, come usa nella terra dei Guelfi e dei Ghibellini, alle flebili voci di condanna si son tosto accodati gli strepiti di chi quell’ignobile gesto invece lo difende. In nome di una «libertà di espressione» in virtù della quale non solo i cinghiali hanno diritto di razzolare nelle piazze cittadine, ma le tigri di sbranare e i lupi di depredare. E per meglio difendere l’«ambiente» è giusto umiliare la cultura, a
423 anni dopo il primo arrivo in Paradiso, confinato su una nuvola periferica al numero 22.676, ho finalmente conquistato le ali di angelo di terza categoria, col diritto ad alloggiare nella più signorile Nuvola 37. Ed è da qui che vi scrivo, per ringraziare l'umanità che con le sue eterne stupidaggini allieta le giornate di noi alati. Senza di voi, non avremmo che noia eterna. Grazie a voi, invece, non mancano occasioni per ridere, arrabbiarci, sbeffeggiarvi. In una parola: per vivere.