C’era una volta il padrino. La sua forza consisteva nel dar vita un piccolo Stato là dove lo Stato, quello vero, non c’era. Riscuoteva denaro tra la popolazione attiva (pizzo anziché tasse), gestiva commerci in regime di monopolio (droga anziché alcol e tabacco, prostituzione in strada anziché case chiuse, gioco d’azzardo anziché Lotto e Totocalcio); assumeva personale (gorilla anziché poliziotti), cercava consenso distribuendo soldi ai più poveri (reddito di manovalanza, anziché di cittadinanza) e amministrava la giustizia (killer spietati anziché giudici). Garantiva a suo modo un ordine, laddove un ordine non c’era. E tanto bastava a legittimarne l’autorità tra i popolani, in mancanza d’altro. La cattura dell’ultimo padrino, malandato nel fisico e nostalgico nello spirito, come testimoniano la quantità e la qualità della paccottiglia che ne arredava le ultime dimesse dimore, segna la fine di una criminalità tutto sommato artigianale, non di quella organizzata. Che nel frattempo, a
423 anni dopo il primo arrivo in Paradiso, confinato su una nuvola periferica al numero 22.676, ho finalmente conquistato le ali di angelo di terza categoria, col diritto ad alloggiare nella più signorile Nuvola 37. Ed è da qui che vi scrivo, per ringraziare l'umanità che con le sue eterne stupidaggini allieta le giornate di noi alati. Senza di voi, non avremmo che noia eterna. Grazie a voi, invece, non mancano occasioni per ridere, arrabbiarci, sbeffeggiarvi. In una parola: per vivere.