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Visualizzazione dei post da luglio 17, 2022

Il giorno dello sciacallo

Il cadavere del governo è ancora caldo, ma già s'intravvede l'ingobbito profilo degli avvoltoi e ovunque risuona il lugubre ululato degli sciacalli. Ogni riferimento è puramente casuale, ma quel prezioso silenzio di cui Grillo ci ha fatto gradito omaggio in questi ultimi giorni di agonia istituzionale, è stato ieri improvvisamente interrotto da una temposta (tempesta di post) presto tracimata sulle prime pagine dei quotidiani, a secco di notizie per via dell'incombente week-end.  Che dice dunque l'ortottero?  Parlando come un dio Giano bifronte, prediligendo delle due la retrostante, tra una frecciata a Giggino 'a cartelletta  e un'impuntatura circa il limite dei due mandati, il Sommo si lamenta del brutto spettacolo offerto nei giorni scorsi dal Parlamento italiano. In particolare delle brutte facce dei parlamentari: «gente che è lì da 30 o 40 anni», un Parlamento come «non se lo merita nemmeno l’ultimo degli Italiani». Prudentemente scordandosi, tuttavia, che

Vinceranno?

Vincere? Vinceranno. A meno che… A meno che intorno a un piddì sedotto e abbandonato dalle orde barbariche postgrilline non trovino acconcio riparo i tanti orfani di Draghi. Senza star troppo a domandarsi quanti lo piangano con sincero affetto e quanti per personale interesse. Così almeno impone un sistema elettorale (il  Rosatellum ) che in verità elettorale non è, dal momento che non lascia all’elettore possibilità alcuna di indicare con nome e cognome la persona che vorrebbe veder eletta in Parlamento. Un sistema che, in particolare nella parte maggioritaria, premia le coalizioni. E, al momento, la sola coalizione in corsa è quella salvosilviomeloniana, per di più col possibile travaso di un certo numero di nostalgici randagi in fuga dal branco a cinquezampe.  Se così sarà (o meglio «è», visti i tempi brevi delle urne) un partito dato oggi al 21,3% dovrebbe vedersela muso a muso con una compagine che al momento vale un 46,6%, ma che potrebbe persino oltrepassare il 60%, se dovesse i

Destinati a perdere

Nel grande incendio estivo che ha carbonizzato il governo Draghi, appiccato da ragazzini incoscienti che giocavano a tirar petardi ma alimentato dai proprietari confinanti, desiderosi di metter le mani sull'intera proprietà, il solo ad essersi realmente scottato le dita è il foscoveggente segretario dell'ormai ex piddì , oggi riscopertosi dippì : Destinati a Perdere. Illuso di poter vincere le elezioni accasandosi coi fannullisti no-tutto di Conte, in piena retrocessione verso le origini movimentiste sansepolcriste, nonché dichiaratamente schierati con la Russia di Putin e fieri avversari del progresso, per poi venderseli agli elettori piddini come affidabili amici dell'Occidente pronti a combattere le minacce asiatiche e fautori di ogni sviluppo, ha presto dovuto rinunciare al fantasioso progetto. Avviandosi così verso il confronto elettorale in piena solitudine e armato dei soli strali dello ius sòla (in gran parte destinato a chi ancora non ha l'età per votare) e de

Tutti a casa

Mai visto un giorno del giudizio con così poco giudizio.  Approdato in Senato con le valigie già pronte, Draghi ha rivolto all'aula un discorso da uomo. Quel che ha ottenuto in cambio è stato uno scomposto ragliare in coro. Dall'asinina voce di quasi tutti i partiti.  Eppure son state parole limpidissime, quelle della comunicazione del presidente del Consiglio alle Camere. Un excursus  storico condito da vivo apprezzamento per l'iniziale spirito di collaborazione mostrato da tutte le forze politiche, in un clima di autentica unità nazionale. Quindi, con l'allentarsi della minaccia pandemica e appropinquandosi la stagione del raccolto (elettorale), un crescente ritorno dei politicanti agli antichi vizi: spese a vanvera (e a debito) senza freno, giusto per veder scodinzolare gli elettori lanciando loro qualche biscottino.  A conclusione, Draghi indirizza alcune frecciate non solo in direzione delle residue permalosissime stelle di Palazzo Madama, rinfacciando loro lo smis

Armageddon

Non chiedete a noi alati, che tutto sappiamo ma nulla possiamo rivelare, l'esito dell'Armageddon che tra meno di ventiquattr'ore scuoterà il Parlamento italiano, nell'epico scontro fra i costruttori (tanti) e i distruttori (pochi). Da una parte un governo che giusto ieri ha posto a segno un colpo magistrale infilando in terra d'Algeria la cannuccia con la quale l'intera Unione potrà presto succhiare quel gas che il demone russo le nega, e sarà l'Italia a manovrare il rubinetto. Dall'altra una banda di scapestrati che, in mancanza di un mandriano che li tenga al guinzaglio, sparpagliati in un ventaglio che vorrebbe tener insieme in un sol partito gilet gialli e ministri, conservatori e rivoluzionari, filorussi e filoamericani, terrapiattisti ed astronomi, nomadi e stanziali, grilli ed esseri umani, pretende che siano i partiti (per giunta in minoranza) a dettare la linea ai governi. Ai quali, invece, la Costituzione prescrive come unico dovere quello di r