Implorare la grazia in processione pare non sia più come un tempo roba da preti e da beghine. Pare che adesso sia una cosa «de sinistra». Non di quella vintage , s’intende, che intonava in piazza «il Vaticano brucerà!», ma di quella che ne usurpa indegnamente il nome: che brama elemosine di Stato e disdegna quel lavoro che della vera sinistra fu insieme il vessillo e il motivo stesso della propria esistenza. Il bottino è invitante. Portar via anche soltanto un quarto di elettori dalla carcassa piddina è un facile azzardo che fa gola a troppi, all’interno come all’esterno del partito. Così, come già a Napoli uno scoppiettante deluca emulo del Vesuvio, un conte servo della plebe disanimerà stamattina le strade di Roma con una processione travestita da manifestazione che, con gli occhi levati al Cielo, chiederà non la pioggia (gentilmente offerta da un governo diversamente onesto), non la liberazione dalla peste, ma la Pace! E mica la chiederà a chi quella pace se l’è rubata, sfilandog
423 anni dopo il primo arrivo in Paradiso, confinato su una nuvola periferica al numero 22.676, ho finalmente conquistato le ali di angelo di terza categoria, col diritto ad alloggiare nella più signorile Nuvola 37. Ed è da qui che vi scrivo, per ringraziare l'umanità che con le sue eterne stupidaggini allieta le giornate di noi alati. Senza di voi, non avremmo che noia eterna. Grazie a voi, invece, non mancano occasioni per ridere, arrabbiarci, sbeffeggiarvi. In una parola: per vivere.