Si narra che il grande Nicolò Paganini, nel bel mezzo di un concerto, ruppe una delle quattro corde del suo prodigioso violino, opera del maestro liutaio Giuseppe Guarnieri e ribattezzato «il cannone» per via dell’eccezionale potenza di suono. L’orchestra parve esitare, ma il grande violinista non fece una piega: traspose mentalmente l’intera partitura sulle tre corde restanti e portò regolarmente a termine l'esecuzione. L’immagine torna alla mente osservando la rabbia di un rabbier sul palco di Sanremo, improvvisamente castrato da un calo di livello nel volume di quegli auricolari che abitualmente lo puniscono costringendolo ad ascoltare i suoi stessi sgorgheggi, non meno di quegli specchi usi a spaventarlo restituendogli alla vista gli inguardabili tatuaggi. Impossibilitato da tanta sciagura a dare il meglio di sé, ha ritenuto opportuno dare il peggio: accanendosi vigliaccamente su quei fiori che, ignari, senza timore alcuno lo incoronavano. Quei medesimi fiori che della citt
423 anni dopo il primo arrivo in Paradiso, confinato su una nuvola periferica al numero 22.676, ho finalmente conquistato le ali di angelo di terza categoria, col diritto ad alloggiare nella più signorile Nuvola 37. Ed è da qui che vi scrivo, per ringraziare l'umanità che con le sue eterne stupidaggini allieta le giornate di noi alati. Senza di voi, non avremmo che noia eterna. Grazie a voi, invece, non mancano occasioni per ridere, arrabbiarci, sbeffeggiarvi. In una parola: per vivere.