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Visualizzazione dei post da luglio 3, 2022

Chi di vaffa ferisce...

«Non siamo pagliacci!», ostenta il capobanda a cinquemenomenostelle dopo le lagne del giorno prima, con le quali implorava che fosse il Governo italiano a sanare le beghe di un partito in via d'estinzione. I cui parlamentari, proprio adesso che finalmente s'avvicina l'auspicato momento di svuotare le aule come scatolette di tonno, osservano terrorizzati il coltello e la forchetta che attendono la pregiata conserva pronta ad esser estratta dalla latta.  Che sia questa («non siamo pagliacci») l'ennesima menzogna posta a coronare le altre che farciscono le nove pagine del documento-nocumento presentato ieri dal capopartito al presidente del Consiglio dei ministri? Lo vedremo presto in aula, dove il governo chiederà questo pomeriggio che la fiducia a suo tempo accordata gli sia confermata o revocata. E non c'è nulla che un fannullista terrapiattista tema maggiormente dell'esser chiamato ad esprimere un sì o un no , piuttosto che un forse , un vedremo , un chissà ,

Inceneritori fai da te

Le fiamme si vedono fin da quassù, dove un particolare occhio di riguardo è sempre rivolto verso la città immeritatamente eterna, con divino zoom sulla nostra piccola rappresentanza terrestre in Vaticano.  Roma brucia, manco fosse un immenso autobus dell'ATAC. Bruciano la Balduina, il Parco del Pineto, l'Aurelia ed i quartieri che la circondano. La popolazione è in fuga: raccoglie l'indispensabile e abbandona le case. Parrebbe d'esser tornati ai tempi di Nerone, se non fosse per il profumo di cinghiale arrosto o per il fatto che l'antico imperatore salutasse le fiamme suonando la lira, non ancora l'euro.  Ignoti al momento i responsabili. Più d'uno, visto il numero di inneschi. Conosciutissimi, invece, quegli amministratori che ritengono inutile sorvegliare parchi e giardini, nel timore di disturbare le migliaia di persone che ci dormono, o di  interferire con la quotidiana attività di spaccio.  È il terzo rogo, dopo Malagrotta (16 Giugno) e la Massimina (27

Ius sòlae

Fischia il vento e infuria la bufera (elettorale), e i partiti (quel che ne rimane) indossano gli scarponi. Quelli pesanti.  I cinquestelle, degradati a tre stelle e già in odor di bed&breakfast , sventolano le loro bisunte bandierine: più reddito di cittadinanza (= la paghetta di babbo), più superbonus (= costoso regalo a faccendieri, intrallazzoni e abusivi), più spazzatura a Roma (guai a incenerirla, guai a rimuoverla, guai ad affamare i cinghiali).  Il piddì, improvvido alleato dei due separati in casa, mentre si tiene ben stretti i due stelle di Due Maio, strizza l’occhio ai restanti tre stelle promuovendo la libertà di cannabis, in un Paese dove neppure esiste la libertà di tabacco e di alcol, monopolio esclusivo dello Stato. Omaggiati gli alleati della stupefacente bandierina, il piddì sventola infine per sé l'arma finale del rispolverato vessillo dello ius scholae , già ius soli e conclamata sòla . Prima necessità del Paese, a detta di Letta. Di un'Italia sull’orlo