Non solo sul campo si spara per non sparire: chi per difendere la propria indipendenza, chi per imporre la propria supremazia. In modi non troppo diversi, una sterminata schiera di gladiator raglianti ha finito con l'occupare in Italia una buona metà dei circences televisivi, imbullonandosi di prepotenza alle poltrone dei cosiddetti talk-show (dove il termine «talk» dovrebbe concernere la parola, piuttosto che il raglio), e da lì sparare a vista (le più indegne cialtronate) pur di non sparire (dagli schermi). Ma tant'è: anche nelle moderne arene, non diversamente dagli antichi colossei, per ogni cristiano in pista occorre un leone che tenti di sbranarlo. O una tigre. O, più modestamente, un ciuco scalciante. Occorre dar vita a un conflitto. A dirigere questi tristi eventi c'è solitamente un giornalista, aduso a praticare quello che è in assoluto il mestiere più antico del mondo: se è vero che ancor prima che il mondo vedesse una Eva trafficare tra mele e serpenti, in qualc
423 anni dopo il primo arrivo in Paradiso, confinato su una nuvola periferica al numero 22.676, ho finalmente conquistato le ali di angelo di terza categoria, col diritto ad alloggiare nella più signorile Nuvola 37. Ed è da qui che vi scrivo, per ringraziare l'umanità che con le sue eterne stupidaggini allieta le giornate di noi alati. Senza di voi, non avremmo che noia eterna. Grazie a voi, invece, non mancano occasioni per ridere, arrabbiarci, sbeffeggiarvi. In una parola: per vivere.