È una Meloni indiavolata, quella che dalle aule del Parlamento (italiano) strilla contro un’Europa matrigna. Quell’Europa che, anziché ricoprire di baci l’italica figliuola, restata a galla nelle ultime elezioni (europee), pazientemente attende che Scholz e Macron si lecchino le ferite e si appresta a costruire una guida dell’Unione in assoluta continuità con la precedente. Fuori di sé, il melonpresidente lamenta un’Italia del tutto ignorata dalle nuove nomine comunitarie. In una sorta di prova generale di «premierato» che la spinge ad autodefinirsi come «scelta dal popolo» (è scelta invece dal capo dello Stato) e «rappresentante della Nazione» (ciascun parlamentare lo è, in Italia; nell’Unione lo è invece Paolo Gentiloni). Nessuno riesce a comprendere le ragioni di tanta ira funesta. Per tutta la campagna elettorale, Meloni non ha chiesto altro che «Più Italia, meno Europa». È stata pienamente accontentata: la tenuta nelle urne le consentirà forse di contare di più in Italia, ma cer
423 anni dopo il primo arrivo in Paradiso, confinato su una nuvola periferica al numero 22.676, ho finalmente conquistato le ali di angelo di terza categoria, col diritto ad alloggiare nella più signorile Nuvola 37. Ed è da qui che vi scrivo, per ringraziare l'umanità che con le sue eterne stupidaggini allieta le giornate di noi alati. Senza di voi, non avremmo che noia eterna. Grazie a voi, invece, non mancano occasioni per ridere, arrabbiarci, sbeffeggiarvi. In una parola: per vivere.