Una settimana fa, con gran lungimiranza, dalle pagine del Corriere l’editorialista Goffredo Buccini metteva in guardia gli Italiani dalle insidie dell’imminente 25 Aprile, il primo alla presenza di un governo che faticosamente si sforza di tenere insieme le diverse anime – la nostalgica, l’avventurista, la faccendiera – di una destra ancora in cerca di rispettabilità: «Mai come il prossimo 25 Aprile dovremmo decidere se camminare con la testa girata all’indietro oppure guardando in avanti». Centro! È il nocciolo della questione. Fare del 25 Aprile, oggi festa della Resistenza – o meglio di una risicata parte di essa, considerati i fischi che nei cortei puntualmente accolgono i partigiani delle Brigate Ebraiche – la celebrazione di quel processo fondante che ha consentito all’Italia di superare in un sol colpo l’esperienza fascista e quella monarchica, dando vita a uno Stato repubblicano nuovo di zecca. Anche solo immaginare che i ministri dell’attuale governo possano oggi sfilare in
423 anni dopo il primo arrivo in Paradiso, confinato su una nuvola periferica al numero 22.676, ho finalmente conquistato le ali di angelo di terza categoria, col diritto ad alloggiare nella più signorile Nuvola 37. Ed è da qui che vi scrivo, per ringraziare l'umanità che con le sue eterne stupidaggini allieta le giornate di noi alati. Senza di voi, non avremmo che noia eterna. Grazie a voi, invece, non mancano occasioni per ridere, arrabbiarci, sbeffeggiarvi. In una parola: per vivere.