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Visualizzazione dei post da ottobre 16, 2022

Cento sfumature di nero

Prudentemente vestita da carro armato, più per proteggersi dalle cannonate amiche che non dalle cerbottane parolaie delle opposizioni, la Sgarbatella ha infine battezzato l’arlecchinesco governo che porrà fine alla lunga siccità estiva, regalandoci una lunga stagione di piogge.  Pochi son gli esemplari appartenenti alla specie umana, molte le volpi messe a guardia del pollaio, diversi i nulla paracadutati dal nulla. Tanta ruggine e nessun luccichìo.  Dinanzi alle molte perplessità, i neodestri pongono sull’altro piatto della bilancia i ben più inconsistenti ministri dei passati governi a cinquezampe. Ed è un vincer facile: persino una mosca pare un gigante accanto alla pulce. Con una non trascurabile differenza: mentre i cinque zampe, anime candide, ci han messo un po’ prima di scovare i cordoni della borsa e riuscire ad aprirli, questi invece l’han già imparato da tanto.  Più ancora dei personaggi, che sarebbe ingeneroso fischiare ancor prima che s’alzi il sipario, preoccupa la scompa

Questioni di etichetta

Brindano i tipografi! Ben quattro Ministeri han cambiato nome: qualcuno in meglio, qualcuno in peggio. Tanta carta intestata da ristampare, tanti biglietti da rifare.  È il primo provvedimento adottato dal nuovo governo. Il Ministero dello Sviluppo Economico si chiamerà d’ora in poi «Ministero delle Imprese e del Made in Italy». Praticamente un ossimoro: chiedere aiuto a una lingua straniera per difendere le imprese ed i marchi italiani. Segno di sesquipedale ignoranza da abuso di tiktok. Il Ministero delle Politiche Agricole diventerà il «Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare», fregiandosi dell’autarchico auspicio di un’Italia autosufficiente quantomeno sul piano alimentare. Legittimo obiettivo, per quanto realisticamente irraggiungibile.  Il Ministero dell’Istruzione aggiunge un vagone al treno e diviene «Ministero dell’Istruzione e del Merito». Presumibilmente alludendo, con l’ultimo sostantivo, a quella meritocrazia che la scuola italiana ha conosciuto soltanto su

Er ciuccio

Ormai prossima al traguardo dopo una campagna elettorale condotta a velocità supersonica, l’aspirante presidentessa del consiglio dei ministri solleva il piede dall’acceleratore e abbassa il tono di voce. O meglio: di Vox.  Cerca di darsi un tono e un portamento più composto ed elegante. Ma nel ritrovato silenzio, ahilei, più alto risuona il raglio della scompaginata ciurma che la circonda.  Dai brontolii della montagna parlamentare, ridottasi per autocastrazione a poco più d’una collina, ci si attendeva la nascita di due graziosi topolini. Ne son saltati fuori, inatteso prodigio, due ratti nerissimi e minacciosi: il vecchio collezionista di busti mussoliniani e un mancato frate, nostalgico delle oscurità del medioevo. Che vanno ad occupare il secondo e il terzo gradino del podio in cima al quale, per fortuna, ancora resta un esponente della specie umana: Sergio Mattarella. In attesa che l’annunciata riforma presidenzialista lo deponga. A lui soltanto, nei prossimi giorni, spetteranno