Quando un Tribunale emette una sentenza, lo fa «In nome del Popolo Italiano» (artt. 125 e 546 CPP). Non del Re (che più non c’è); non del Partito (come in Cina); non del Governo (come nei sistemi dittatoriali), ma del Popolo Italiano. Ossia del Parlamento. Che quel «popolo italiano» rappresenta ed incarna: unica istituzione statale eletta con suffragio universale. Ciò stabilito, pronunciarsi contro una sentenza della Magistratura, significa opporsi e contrapporsi alla volontà del Parlamento. Se a farlo è una persona, fisica o giuridica, soggetta alla legge italiana, che si ritenga danneggiata da una sentenza che ritenga errata o ingiusta, è in suo potere impugnare la sentenza e chiedere un riesame del giudizio, ed eventualmente un’ulteriore conferma in terzo grado. Ma certamente non è nei poteri di un Governo contestare una sentenza della Magistratura che riguardi persone (fisiche o giuridiche) terze. La vera separazione delle carriere, quella che in Italia urge e necessita,...
423 anni dopo il primo arrivo in Paradiso, confinato su una nuvola periferica al numero 22.676, ho finalmente conquistato le ali di angelo di terza categoria, col diritto ad alloggiare nella più signorile Nuvola 37. Ed è da qui che vi scrivo, per ringraziare l'umanità che con le sue eterne stupidaggini allieta le giornate di noi alati. Senza di voi, non avremmo che noia eterna. Grazie a voi, invece, non mancano occasioni per ridere, arrabbiarci, sbeffeggiarvi. In una parola: per vivere.