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Tra finzione e realtà

Non stupitevi nel vedere come – in un mondo che si appresta a schierarsi sempre più nettamente su fronti ben distinti – gli Stati Europei si ritrovino ancora una volta l’un contro l’altro (verbalmente) armati. 

Non vergognatevi se gli stessi governi europei, al pari dei partiti che li animano, colgono ancora una volta l’occasione per spaccare ogni capello in quattro. Possibilmente in otto. 

Guai a scordarsi che le ideologie di buona parte del mondo sono nate in Europa. 

Tutte. E tutte han lasciato visibilissime tracce. 

Qui è nata la Rivoluzione liberale, qui il Capitalismo, qui il Comunismo, qui il Fascismo, qui l’Imperialismo, qui il Colonialismo, qui l’Età Industriale, qui le rivendicazioni sindacali. Persino la conquista dello Spazio e l’arma nucleare, per quanto partorite in USA, portano il DNA dei loro genitori: Italiani e Tedeschi in fuga dalle persecuzioni nazifasciste. 

Perché dunque meravigliarsi se l’Europa finisce poi col riprodurre in miniatura, nel cortile di casa, i più cruenti scontri fra opposti continenti? Tra secolari ideologie?

È un teatro dei pupi, quello che riempie oggi le prime pagine dei giornali de’Europa. Acerrime battaglie, simulacro di quelle reali, ma senza spargimento di sangue e con pubblico pagante.  

Provate però a immaginare quale sgomento proverebbero quei medesimi spettatori nel veder d’improvviso quei burattini trasformarsi in guerrieri in carne ed ossa, e le spade di stagnola in armi mortali, e quei personaggi in cerca d’autore invadere la platea per accanirsi contro un pubblico disarmato e imbelle. E quegli sventurati, anziché stringersi a coorte ed eroicamente resistere e ricacciare sul palco l’invasore, bisticciare tra loro e schierarsi chi dalla parte di Orlando, chi dei Saraceni, chi del vile traditore Gano di Magonza! 

Occorre esser lesti a comprendere dove e quando finisca la finzione. E dove e quando incominci la realtà. 

La pluridecennale finzione di pacifica coesistenza tra USA, Russia e Cina, oggi incalzate da nazioni un tempo emergenti ma ormai ben emerse, è prossima alla fine. Anche gli Stati, non soltanto i burattini, gettano talvolta la maschera e si manifestano nel loro vero aspetto: l’America profonda della conquista del West, pronta a farsi largo con le armi e a sconfiggere, come ogni popolazione stanziale, le preesistenti popolazioni nomadi; una Russia primitiva e incapace di tutto, costretta a comprare oltreconfine, a suon d’oro, diamanti, gas e petrolio, tutto quel che è necessario loro per vivere, dal cibo alle ciabatte; una Cina indebolita che, fintamente sorniona, attende sulle rive del fiume il cadavere del nemico. O dei nemici. 

Tanto digrignar di denti è stato più che un brusco risveglio, per un’Europa dapprima divertita spettatrice e poi spaventata e disorientata nel veder mutato in orrida realtà quel che pensava esser solo spacconate di scena. 

Gli Europei, usi a confrontarsi duramente tra loro, in passato con le armi ed ora con le parole, avrebbero bisogno di tempo – molto tempo – per esaminare, analizzare, discutere, mediare, accordarsi. Ma il tempo è proprio quella dimensione che ad essi, in questo momento, più di ogni altra difetta. 

Chi troppo dorme, troppo tardi si sveglia. Deve lavarsi, vestirsi e calzarsi di gran corsa, se vuol colmare il ritardo. 

Deve immediatamente interrare i semi di quel futuro Stato Federale Europeo che solo potrà (dovrà!) avere risorse finanziarie certe, forza militare adeguata, processi decisionali condivisi e rapidi.

Se altre soluzioni esistono, chi le possiede le proponga. 

Per adesso lo spettacolo che si osserva in quella ristretta platea è fatto di gente che strilla, di altri che scappano, di chi invece s’azzuffa, di qualche furbacchione che tenta di scalare il palchetto ormai deserto per tentar di catturar l’attenzione di un pubblico che, assai meglio di lui, ha compreso quanto la commedia sia ormai prossima a trasformarsi in tragedia.

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