Chi più di Giuseppe Garibaldi sarebbe oggi titolato a riproporre l’incitamento di Calatafimi ai suoi Mille, seppur al tempo riferito alla sola imminente Italia?
Nato a Nizza, proprio in quel fatidico 1860 Garibaldi vide il Regno di Sardegna svendere la sua città alla Francia. Quale miglior pretesto per mandare al diavolo Cavour e la stessa idea di far di tanti staterelli affamati una grande nazione?
Fosse stato un omuncolo, lo avrebbe fatto. Ma era Garibaldi. E il sogno di un’Italia unita mille volte più grande del rimpianto di una Nizza italiana. E così l’Italia si fece. Alternativa senz’altro preferibile alla seconda: morire.
Baciare la pantofola a Trump, alle soglie di una guerra planetaria nella quale l’Unione Europea non sarà più alleata o nemica, ma semplicemente il bottino, significa pensare più a Nizza che all’Italia, più all’Italia che all’Europa.
Perché o l’Europa si fa Stato, un vero Stato Confederale Europeo, o i vincitori di domani – chiunque essi siano – ne faranno brandelli. E se li spartiranno.
Passi da gigante sono stati fatti, se è vero che neanche quarant’anni fa alcuni degli Stati dell’Unione erano ancora in guerra tra loro, ed oggi – grazie ad essa – godono non solo della pace, ma di un benessere comparabile a quello dei propri vicini.
Ma l’Unione è e resta una Unione, non uno Stato. Regolata da un insieme di trattati, anziché da una Costituzione, e dunque priva di qualsiasi potere legislativo, esecutivo o giudiziario.
Un’organizzazione forse buona in tempi di pace, come lo son state (in tempi di pace) altre unioni come l’ONU, mai come oggi inautorevole e impotente. Ma il mondo pare sempre più vicino ad una resa dei conti, ad una nuova mappatura dei poteri globali, e ovunque si fanno avanti uomini (e donne) di guerra.
O l’Europa si fa Stato, o è destinata a scomparire. Con tutte le buone cose che ha fatto e le ottime che ancora non ha avuto il tempo di fare. Neppure vaso di coccio – ma sacco di piccole scodelle da tè – stretto tra i grossi vasi d’acciaio che già scaldano i muscoli.
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Costruire l’Europa è certamente una difficile impresa: neppure gli USA sarebbero forse mai nati, se un quarto degli Stati membri fossero stati monarchie o avessero parlato ventotto lingue anziché tre. Ma anche Garibaldi si ritrovò ad aver a che fare con tre regni, tre ducati e la monarchia assoluta dello Stato Pontificio. Eppure riuscì nel generoso intento.
Dunque?
Dunque mancano i Garibaldi.
Manca un Garibaldi europeo, laddove esistono invece un Imperatore della Russia, un Imperatore della Cina e, adesso, anche un Imperatore delle Americhe. Che si apprestano a fare un sol boccone del nugolo di piccoli ducetti nazionalpopolari che remano contro l’Europa. Convinti come sono che in mare ci si salvi meglio calando le scialuppe che non armando una corazzata. Scappando o vendendosi.
Ci ha provato Draghi, a risvegliare le coscienze a Bruxelles. Lui c’era, le coscienze no.
Poi, nessun altro.
Esiste, in Italia, un solo partito dichiaratamente eurofederalista? No. Neppure «Più Europa», che si batte per un’Unione più forte, ma pur sempre Unione, non per uno Stato Federale. E neppure i promettenti «Stati Uniti d’Europa», miseramente affondati un minuto dopo il varo.
Esiste forse in Francia o in Germania. Assolutamente no.
Esiste in qualche altro Stato dell’Unione? No.
Tutti per Nizza. Nessuno per l’Italia.
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