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Diverse Europe, una sola Difesa.

La cattiva notizia è che tanto gli USA (da qualche settimana) che la Russia (da qualche mese) han dichiarato informalmente guerra agli Stati Europei e, quotidianamente, alzano la voce e aggiungono minacce su minacce. 

La buona notizia è che – nella spartizione del pianeta che USA, Russia e Cina intendono portare avanti – l’Europa rappresenta il bottino: il grosso del bottino. E neppure il più stupido tra i ladri (e questi, stupidi lo sono per davvero!) si sognerebbe di distruggere il malloppo dopo aver tanto faticato per impadronirsene.

La prima (cattiva) notizia impone di rafforzare comunque le difese di un’unione di Stati altrimenti inerme. Sia per l’indebolimento (se non la vicinissima fine) della NATO, sia perché impediti dai Trattati di disarmo del 1947 (Germania e Italia), sia perché privi di moderni armamenti nucleari (tutti i Paesi membri, con esclusione della sola Francia). 

La seconda (buona) notizia, che dipinge l’Europa come una montagna d’oro zecchino racchiusa tra le pareti di una vecchia e debole cassaforte (non priva di qualche falla), non può in qualche misura non tranquillizzarne gli abitanti. La fine non è imminente. Che senso avrebbe impadronirsi di una Parigi o di una Londra completamente rase al suolo? 

Tanto bene e tanto male dovrebbero (potrebbero) teoricamente compensarsi, se l’Europa fosse uno Stato e non un’Unione. Ma l’Europa Stato non è. Ed è pertanto priva di quei poteri indispensabili per legiferare e governare, frantumati come sono tra le aule parlamentari di ventisette Nazioni: tra i ventuno governi di altrettante repubbliche e tra i sei troni reali delle sei monarchie.

In conseguenza di ciò, l’Unione Europea non ha (non può avere) una politica estera comune, dunque una difesa comune e, conseguentemente, un esercito, una marina es un’aeronautica comune. Figurarsi una linea di comando comune che faccia riferimento ad un unico capo delle forze armate, provvisto di poteri superiori ai ventisette singoli capi di Stato, in grado di organizzare e portare a termine in brevissimo tempo azioni di attacco e/o di risposta comune. 

Considerazioni finali. 

Se l’Unione è alla ricerca di un finto esercito comunitario, di una divisa-condivisa che renda più colorate e fotogeniche le finte parate militari russian style, i ventisette Stati membri conferiscano pure ad uno stilista o a uno scenografo (ne abbiamo tanti) l’incarico di formarlo ed addestrarlo.  

Se l’Unione è invece determinata a dar vita a uno scudo militare che possa realmente rivelarsi efficace ed efficiente, agli ordini di un comando riconosciuto tale dagli Stati che lo finanziano e lo supportano, occorre che nasca al più presto una Quarta Europa: l’Europa della Difesa. 

Già esistono un’Europa del commercio (l’Unione Europea), un’Europa della moneta (l’Eurozona), un’Europa delle frontiere (l’Area Schengen). E due di esse (le ultime) coinvolgono Stati differenti, non necessariamente membri dell’Unione. 

La nuova Quarta Europa non può non nascere se non come il primo nucleo di un futuro Stato Federale Europeo, con una vera Costituzione e veri poteri legislativi, esecutivi e giudiziari. Ogni Stato del Continente ne potrebbe far parte, giurando fedeltà alla Costituzione e alle nuove leggi: leggi nazionali, leggi della nuova Nazione Europea. 

In assenza di altri vincoli, anche il Regno Unito potrebbe entrarne a far parte, senza perciò esser costretto a riabbracciare l’Unione, o aderire all’Area Schengen, o adottare come moneta l’Euro. 

Pazienza se i primi membri della nascente Quarta Europa saranno inizialmente tre, quattro o cinque Nazioni, e non venti o trenta. Altre se ne aggiungeranno, se la nuova costruzione dovesse funzionare e dimostrarsi valida. 

Non si tratta di «cambiare» l’Europa, ma di affiancarne una nuova che contenga quel che oggi all’Unione manca: la forma-Stato e quei poteri legislativi ed esecutivi che possano offrire al Continente la concreta possibilità non solo di armare, ma anche di guidare una forza di difesa realmente comune.

Quella che fino a poche settimane fa poteva considerarsi solo un’opzione fra tante. Ed oggi un’inderogabile necessità.   


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