La pace è la fine concordata di uno stato di guerra. Per giungere ad uno stato di pace è dunque indispensabile che sia in atto una guerra.
La guerra è quella che si fa tra due vicini di casa per metter fine a un bisticcio sul pianerottolo, sia pur degenerato in altri reciproci dispetti.
Quando è invece il tuo vicino quello che demolisce col martello pneumatico il muro divisorio che separa il suo dal tuo appartamento, si impadronisce di alcune stanze e minaccia di far il medesimo con le restanti, mentre già volge bramoso lo sguardo sulle case vicine, non si si può più parlare di bisticcio, di «guerra», ma di violazione di domicilio, danneggiamenti ed occupazione abusiva della proprietà altrui.
Se poi il vicino rincara la dose sostenendo che sei stato tu con le tue stesse mani, non certo lui, ad abbattere quel muro – sebbene dai palazzi vicini chiunque abbia potuto vedere la polvere sollevata dal motopicco e sentirne il frastuono – e giunge a mettere in dubbio persino il tuo diritto di parlare ed agire in qualità di proprietario (rappresentante «non eletto» della famiglia con cui abiti!), siamo ben oltre i limiti della decenza: perché al danno materiale si uniscono la denigrazione, la menzogna, l’insulto, la provocazione, l’inganno.
Non è sufficiente l’innata cattiveria del lupo per conferirgli il coraggio e la faccia tosta di unire con tanto ardire al crimine la beffa. Occorre che il lupo, vigliacco com’è per natura, si muova in branco, così che la superiorità delle forze sia tale da indurlo ad esibirla calcando la zampa per far apparire ancora più oltraggioso l’assalto.
Difendere l’aggredito diviene allora sempre più difficile, quasi impossibile. Occorrere puntellare i muri delle stanze ancora non invase. E, nel contempo, tentar di riappropriarsi di quelle già occupate, mentre l’invasore prosegue il lavoro di demolizione.
Da soli, è una missione impossibile. Non resta che chiedere aiuto ai vicini di casa. Agli amici. Ai parenti.
I vicini han presto risposto all’appello, offrendo aiuto in misura inversamente proporzionale alla distanza della loro proprietà da quella aggredita. Dunque alla diretta entità della minaccia. Altri, più lontani ma legati da rapporti di amicizia o di sangue, han dato anch’essi il loro più o meno modesto contributo. Salvo poi dileguarsi quando al lupo han visto unirsi altri lupi, ed il gioco farsi sempre più pesante.
Non solo: scoprendo alcuni d’esser legati da più o meno antichi legami d’amicizia o di parentela con i nuovi lupi, han presto cambiato bandiera spostando il proprio sostegno dall’aggredito all’aggressore. Colpevole, quest’ultimo, di disturbare col troppo rumore l’intero palazzo, mentre – a loro parere – sarebbe ora di finirla con tanto inutile chiasso. Per non parlar del disordine e del continuo viavai di sconosciuti.
La gente del palazzo, dopotutto, per vivere ha bisogno di pace.
La loro. S’intende.
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