Lo chiamano «insediamento», ma sarebbe più corretto definirlo «intronamento». Perché quella piccola seduta non è per Trump una normale sedia, ma un mal mascherato quanto ambito trono. Dal quale il Pannocchia non conta di limitarsi a presiedere le politiche comuni dei cinquanta Stati dell’Unione, ma di regnare su di essi. O ancor meglio: di imperare. E non soltanto su di essi, ma sull’intero subcontinente centronordamericano. Con un ardire che, al confronto, ridimensiona l’invasione russa in Ucraina a poco più di una rissa di quartiere.
La bianca dimora di Washington si appresta così a veder passare il testimone da un anziano intronato (nel senso di colpito dal tuono) ad un altro anziano intronato (nel senso di assiso sul trono). E la sconfinata ignoranza dell’Intronato 2.0 è tale da fargli scordare che il vicino minacciato Canada un vero re già lo possiede: nella persona di quel Carlo III che, tramite un suo governatore, regna sulle dieci provincie e sui tre territori del reame canadese. E che, a differenza della piccola Ucraina, i domini di quel sovrano si estendono dall’Atlantico al Pacifico. E che, oltre ciò, il Regno Unito è anche un influente membro della NATO.
Se il regno del Canada è per Trump poco più di un insetto, che dire allora del Panama, in proporzione un invisibile batterio virale?
Minuscola repubblica grande tre volte la Sardegna e abitata da tre milioni e mezzo di persone, i Dardanelli d’America possono indubbiamente vantare una determinante importanza strategica nei traffici marittimi. Traffici che interessano tuttavia l’intero pianeta, non soltanto gli USA, e sono regolati dai trattati internazionali del 1903, precedenti la costruzione del Canale (1914).
Quei trattati, più volte posti a rischio da sommovimenti politici locali, sono stati riconfermati nel 1999, seppur lasciando agli USA il diritto di intervenire militarmente qualora si rendesse necessario garantire il libero transito nel Canale.
Oggi l’Intronato minaccia di utilizzare quella medesima clausola non per mantenere aperta quella via d’acqua ma, all’opposto, per impadronirsene. Ostentando come pretesto una «minaccia cinese» che nei fatti si riduce alla presenza di una società di Hong Kong nella gestione di alcuni porti lungo gli 81 km direttamente amministrati dal governo panamense attraverso l’«Autoridad del Canal de Panamá».
Ultima (ma non ultima) ambita ciliegia sulla corona imperiale: il Messico. O, meglio dire, gli «Estados Unidos Mexicanos»: repubblica presidenziale che unisce 32 Stati con un’economia in forte crescita (11ª al mondo per PIL pro capite) con risorse minerarie che spaziano dal petrolio all’argento, con importanti produzioni agricole, un’eccellente industria automobilistica, un forte sviluppo turistico. Su una superficie che è un quinto di quella USA ma con una popolazione di poco inferiore a un terzo.
Tutto, meno che uno staterello. E in assenza di Cinesi, difficile trovare un pretesto per annetterselo, se non il fatto di essere un Paese di confine e dunque una via di transito per l’immigrazione illegale proveniente dal Sudamerica. Come dire che per risparmiare sulla recinzione del cortile di casa scelgo di impadronirmi con la forza di tutti i giardini confinanti.
Giusto per guarnire di qualche cubetto di ghiaccio il cocktail, c’è infine la Groenlandia: Paese artico con meno di sessantamila abitanti spolverati su un territorio inospitale grande un quinto degli Stati Uniti, strategicamente importante e potenzialmente ricco di materie prime. Ma anch’esso, ahinoi, provvisto di un re. Di quelli veri: re Federico X di Danimarca. Poca roba, certo, al cospetto di un nascente Imperatore!
Quelle dell’Intronato, al momento, non sono che parole. Destinate a restar tali fin tanto che non si trasformano in fatti.
Di re pazzi è piena la Storia, ma non a tutti la Storia ha consentito di combinare disastri. In USA esiste un controllo tanto istituzionale (il Congresso) che sociale (la libera informazione).
Ma c’è stavolta (per la prima volta) una nuova pericolosa anomalia. C’è un Rasputin del Terzo Millennio, nella persona di Elon Musk, che in veste di giovane consigliere dell’Imperatore ha mani (e bocca) libere di dire e fare letteralmente tutto ciò che vuole.
E quel che veramente vuole, nessuno pare averlo ancora esattamente compreso.
Non certo denaro (la sola cosa che possiede). Forse potere. Ma dispone anche di quello, in grado com’è di interrompere a proprio piacimento il flusso dei dati che mantiene in vita il pianeta. E neppure cerca nuovi piaceri, incapace com’è di goderseli.
Che cerchi vendetta? Che non abbia ancora metabolizzato quella fine dell’apartheid in Sudafrica che lo spinse ancora ragazzo alla fuga? Che siano nel profondo le mai sopite convinzioni razziste ad ispirarlo?
C’è uno strano animale che si aggira in Sudafrica, ed è la zebra sudafricana.
Si differenzia dalle comuni zebre perché mentre i bianchi son convinti che si tratti di un bestia bianca con le strisce nere, i neri sono all’opposto sicuri che si tratti di un animale nero con le strisce bianche.
Che il sogno segreto del novello Rasputin sia quello di far della sua patria (e delle altrui) un candido cavallo? Alle soglie di un’età che pare annunciare invece il possente quanto inevitabile sorpasso demografico del cavallo nero?
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