Fesso è colui che getta il sacco con l’immondizia dal finestrino dell’auto in corsa e, scoperto, viene sanzionato e pubblicamente svergognato.
Furbo è colui che getta il sacco con l’immondizia dal finestrino dell’auto in corsa e, mai scoperto, comprende di poterla far franca e del suo mal agire pubblicamente si vanta.
Non è dunque il gesto, e neppure la persona, a determinare l’appartenenza o meno di un individuo a questa o a quella delle due opposte categorie, quanto piuttosto l’efficacia dei controlli. I quali non competono a chi redige le leggi (il Parlamento: potere legislativo), ma a chi per compito istituzionale è tenuto ad assicurarne l’efficacia (il Governo: potere esecutivo).
È dunque il Governo, a livello centrale, affiancato da Regioni e Comuni in ambito locale, che con la propria azione/inazione decide chi può fregiarsi del titolo di «furbo» e chi dovrà invece rassegnarsi all’etichetta di «fesso».
Il lato positivo della questione è che i fessi rispettosi della legge rappresentano in Italia la maggior parte della popolazione. Sono stati proprio loro, i poveri fessi, esasperati e danneggiati dai troppi misfatti dei furbi, ad essersi ermeticamente turati il naso per poi dare il voto a una sedicente destra che, come da promesse, avrebbe teoricamente dovuto resuscitare nel Paese i valori dell’ordine, del rispetto, della legalità, del benessere, dell’efficienza.
Se vera destra fosse stata.
Ma vera destra questa non è. Se si intende per «destra» quell’orientamento politico per definizione conservatore e moderato, dedito a preservare l’ordine esistente evitando posizioni estreme sgradite ad una base elettorale amante del quieto vivere.
Non è evidentemente questo il ritratto della scalcagnata truppa insediatasi otto mesi or sono nella cabina di pilotaggio del Paese: non una sola destra, ma addirittura tre. Nessuna di esse, tuttavia, meritevole d’esser definita tale.
C’è al governo una destra rivoluzionaria e dunque per definizione nemica della conservazione. Non «fascista» (il Fascismo, inteso come PNF non esiste più) ma a tutti gli effetti «neofascista» (il fascismo, inteso come ideale nazionalsocialista, totalitario e statalista, esiste ancora, eccome); c’è poi una destra faccendiera e priva di scrupoli, intenta a preservare non i diritti, ma i privilegi: dall’abusivismo al feudalesimo da spiaggia, dall’evasione fiscale alla salvaguardia delle mafie, fondamentalmente antieuropeista, antioccidentale e antistatale, politica ma non etica; e c’è infine una destra televisiva, in crisi quanto lo stesso medium grazie al quale si è affermata, in lotta per sopravvivere al sempre meno distante abbandono del suo indiscusso sovrano, priva di un sentiero sul quale incamminarsi e di un nuovo pifferaio a cui accodarsi.
Tutte le sfaccettature della sguaiata destra di piazza sono presenti. E sono l’esatto opposto della destra vera: quella che veste in giacca e cravatta e detesta tatuaggi e felpe, che si è formata nei migliori istituti e i soldi preferisce contarli anziché rubarli, che brama ordine e buongoverno, che combatte con forza chi infrange quelle regole che la comunità liberamente si è data, che non si proclama nazionalista ma internazionalista: quanto basta per garantirsi il pieno accesso ad un mercato ormai planetario.
La destra di piazza italiana, provvidenzialmente egemonizzata dall’ala neofascista (ideali sbagliati son pur sempre meglio di nessun ideale) NON è certamente conservatrice: anzi, ambisce a cancellare le istituzioni su cui il Paese si fonda per crearne di nuove; NON ha studiato e senza vergogna mostra di non conoscere neppure il significato di quelle parole d’ordine che con toni assertori lancia contro i propri avversari; NON conta i propri soldi, perché non ne possiede, ma cerca di saccheggiare quel che può con l’occupazione della proprietà pubblica e demaniale, coi condoni facili, con l’annacquamento delle regole e l’allentamento di ogni controllo; NON cerca né ordine né buon governo, ma prospera al contrario di quel medesimo disordine delle cui cause incolpa ora «quelli che c’erano prima», ora invece l’«Europa» (termine con cui ogni antieuropeista ama indicare l’Unione Europea), dimostrando con ciò di non essere interessati né ad un ordine fondato sulla legalità, né ad impegnarsi nella costruzione di un vero Stato federale europeo.
È il definitivo trionfo dei furbi sui fessi: degli evasori sui contribuenti; di chi traffica su chi lavora; di chi depreda il presente su chi costruisce il futuro; di chi si compiace della propria ignoranza su chi ha speso la propria vita nel ricercare nuove conoscenze; di chi ha un passato da dimenticare su chi ne ha invece più d’uno da onorare.
Nessuno pretende che un furbo si spenda per il bene di qualcun altro al di fuori di se stesso. Il solo interesse del furbo è la moltiplicazione dei fessi, del cui sangue egli si nutre. Occorrono non meno di mille fessi per mantenere nell’ozio un furbo, ma proprio lì sta l’invalicabile limite della furbizia: l’impossibilità di costruire una società fatta di soli furbi, priva di una moltitudine di fessi da turlupinare.
Non può esistere una furbizia di massa, e quando qualcuno ha tentato di realizzarla, il risultato è stato il fascismo: l’idealizzazione di una nazione di furbi costretta a ricercare oltre i propri confini la quantità di fessi indispensabile alla propria sopravvivenza, con la conseguente necessità di una politica estera aggressiva, di stampo imperiale e coloniale, e una politica interna di esaltazione delle qualità nazionali con cui costruire e giustificare l’idea di una superiorità culturale, quando non razziale, sui popoli vicini da sottomettere e «fessizzare».
La destra di piazza italiana dovrà presto fare i conti con l’impossibile ossimoro di una destra elitaria di massa, di un’esclusività inclusiva, di un mascellismo nazionale nutrito più di simboli che di sostanza.
O sarà in grado di trasformarsi in una grande forza moderata e conservatrice, più incravattata che felpata, attenta al bene comune e orientata al progresso in un quadro di integrazione federale europea, o quando i suoi graduati avranno finito di depredare la fureria, tra gli sguardi sempre più scettici dei Paesi vicini, e i sacchi dell’immondizia ricoperto infine le strade, il pallone inevitabilmente si sgonfierà.
E se questa è la buona notizia, la cattiva è non si vede all’orizzonte, al momento, una sola forza politica in grado di prenderne il posto.
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