Mai visto un giorno del giudizio con così poco giudizio.
Approdato in Senato con le valigie già pronte, Draghi ha rivolto all'aula un discorso da uomo. Quel che ha ottenuto in cambio è stato uno scomposto ragliare in coro. Dall'asinina voce di quasi tutti i partiti.
Eppure son state parole limpidissime, quelle della comunicazione del presidente del Consiglio alle Camere. Un excursus storico condito da vivo apprezzamento per l'iniziale spirito di collaborazione mostrato da tutte le forze politiche, in un clima di autentica unità nazionale. Quindi, con l'allentarsi della minaccia pandemica e appropinquandosi la stagione del raccolto (elettorale), un crescente ritorno dei politicanti agli antichi vizi: spese a vanvera (e a debito) senza freno, giusto per veder scodinzolare gli elettori lanciando loro qualche biscottino.
A conclusione, Draghi indirizza alcune frecciate non solo in direzione delle residue permalosissime stelle di Palazzo Madama, rinfacciando loro lo smisurato amore per la spazzatura romana e il costo spropositato delle supertruffe di superbonus e rendite di non-cittadinanza, ma anche ai non meno irritabili figuri della Lega, che insistono nel pretendere cinquanta miliardi da «investire» in condoni fiscali e regalie a tassinari e balneari.
E poiché non può esistere un governo di unità nazionale senza unità nazionale, né un governo di scopo che non persegua lo scopo per cui è nato, Draghi ha indicato con fermezza quei pochi punti caratterizzanti, a suo parere, i sei mesi finali della legislatura: PNRR, contenimento dell'inflazione, diversificazione delle fonti energetiche, collocazione atlantica del Paese. E su quelli ha chiamato a raccolta i parlamentari.
Salvini non applaude, i cinquezampe non abbaiano. I capigruppo tappano la bocca ai dissidenti e limitano gli interventi ad uno soltanto per ciascun partito.
Così l'auspicata chiarificatrice discussione sulle comunicazioni governative, lungi dall'esaminarne e approfondirne i contenuti si trasforma ben presto in uno sguaiato accavallarsi di comizi rabbiosi e urlanti, nei quali di tutto si parla tranne che del discorso del presidente, tra aperte rimostranze e poco velati insulti, che trovano infine una secca e piccata risposta nella concisa replica di Draghi.
Si passa quindi al voto. Contrario il duo comico Salvy & Berlusca, astenute le comete senza meta.
Una striminzita maggioranza il Senato riesce ad esprimerla comunque, ma Draghi ha già caricato in macchina le valigie e domani sarà al Quirinale, dopo una breve sosta in casa Montecitorio.
Ci sarà una seconda puntata. Ma la frattura pare ormai insanabile e la campagna elettorale è da oggi ufficialmente in corso.
Augurarsi che vinca il migliore è pura fantascienza, per assenza di migliori.
Più facile sperare che perda il peggiore. Ma sarà una bella gara.
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