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State uniti!

Tra circa due mesi, il 5 Novembre 2024, i 558 Grandi Elettori dei 50 Stati USA voteranno il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. 

Designati i due contendenti, nella persona (si fa per dire) di Donald Trump ed in quella di Kamala Harris, ciò che al momento pare delinearsi all’orizzonte è un serrato testa a testa che, salvo inciampi o altre sorprese, minaccia di protrarsi sino alla proclamazione del nuovo ospite della Casa Bianca. 

Su un solo risultato ci sentiamo di scommettere, sicuro com’è al cento per cento: il 5 Novembre a vincere sarà un Americano. Proveniente da uno di quei 50 Stati USA e portatore di idee che spaziano da quelle (ristrette) del cowboy pioniere nella prateria, circondato da nemici, fino ai miracoli della Silicon Valley, passando per Hollywood, Woodstock, Miami, Las Vegas. 

Sarà un Americano. E pazienza se in Europa molti preferirebbero (o pretenderebbero) che, anziché in USA, fosse invece nato al Polo e si chiamasse Babbo Natale: buono per natura e provvisto di una gerla infinita colma di doni da distribuire amorevolmente a tutti gli abitanti del pianeta Terra.

No. Quella di Babbo Natale era forse l’America delle due guerre: il solo Paese al mondo che, in quello scorcio del Novecento, nessun’arma allora conosciuta era in grado di colpire sul proprio territorio, costretta a combattere nel primo conflitto dal vile affondamento in Irlanda di una nave di linea battente bandiera americana, il Lusitania (1915); nel secondo dall’attacco suicida dei Giapponesi a Pearl Harbour (1941), allora base navale USA in terra straniera. 

Con un sistema produttivo non soltanto rimasto intatto, ma arricchito dall’apporto femminile resosi necessario per sostituire gli operai e i dirigenti inviati al fronte, dopo aver umiliato l’URSS (anticipandola sul fronte giapponese) gli USA uscirono dalle due guerre non soltanto come i principali vincitori, ma anche come i più solidi, i più ricchi, i più uniti. E la generosità mostrata non solo sui campi di battaglia, ma anche nei doviziosi aiuti economici, spinse non pochi Europei a identificare i nuovi amici con quell'inedito buffo e barbuto ciccione vestito di rosso, destinato a soppiantare ben presto il presepe: munifico e inesauribile elargitore di doni il primo; simbolo di miseria, persecuzioni e sofferenza il secondo. 

Vincerà un Americano, certo. Ma non sarà Babbo Natale. 

Anche perché, all’affacciarsi del nuovo millennio (2001), gli Stati Uniti hanno subìto per la prima volta, nella loro breve Storia, la triste esperienza di venire colpiti sul proprio territorio. Ad opera non di chissà quale micidiale arma all’idrogeno spinta da missili ipersonici lanciati da sommergibili nucleari da mille metri sotto la superficie del mare. No. Per colpire l’America nelle sue certezze e nel suo orgoglio son bastati quattro coltelli da cucina nelle mani di diciannove Sauditi addestratisi su un americanissimo videogame Microsoft: quanto è bastato per dirottare quattro americanissimi aerei di linea e scagliarne due sulle Torri Gemelle a New York ed uno sul Pentagono a Washington, mancando per poco il ben più devastante obiettivo della Casa Bianca. Tremila morti e seimila feriti.

Cresciuta nel mito di Superman – invincibile nello scontro diretto ma anch’egli col suo tallone d’Achille – l’America è per la prima volta in contatto con la sua kryptonite. E così come quel pericoloso minerale altro non era che un minuscolo frammento di quel pianeta (Krypton) da cui Superman proveniva, allo stesso modo la supernazione americana fu mortalmente colpita da quella medesima sostanza da cui essa era nata: la libertà individuale e la condivisione dei propri saperi nel mondo. 

L’idea di abitare in un’isola felice – quella sensazione di eterna sicurezza ed inesauribile ricchezza che fu anche degli antichi feudatari europei tra le mura dei loro castelli, della Chiesa di Roma, degli imperatori asiatici e dei loro protetti – crollò in un solo istante.  

Fu posto un limite alla libertà. Più controlli alle frontiere, sistematiche perquisizioni in aeroporto, interrogatori militarizzati a Guantanamo, feroci quanto casuali ritorsioni belliche contro i Paesi islamici...

Una nuova Guerra Indiana: non contro un nemico dichiarato e organizzato con bandiere e divise, ma verso migliaia di selvaggi urlanti e sanguinari pronti a qualsiasi massacro in nome del loro dio. 

Non due grandi guerre planetarie, capaci di unificare la Nazione ed alimentarne il sentimento patriottico, ma una guerra interna, causa di profonde divisioni non meno di quanto lo furono a loro tempo le Guerre Indiane, coi nuovi territori dell’Ovest sotto attacco contrapposti alle ricche città dell’Est, impegnate a trar profitti dall’allora nascente Età industriale. 

Gli effetti a lungo termine dell’11 Settembre sono ancora sotto i nostri occhi: un Trump cowboy pronto ad impugnare le armi contro gli «scaldapoltrone» di Washington, e una Kamala protesa invece verso il futuro, in difesa di quella vitalità aperta al nuovo che anima gli Stati costieri, dalla California di Hollywood e della Silicon Valley alla New York della televisione, della grande editoria, delle migliori università.

È l’eterno confronto tra il nuovo e il vecchio, tra innovatori e conservatori, in cerca di una mediazione sempre più difficile da raggiungere. Sempre più distante da quel Babbo Natale che soppiantò a suo tempo Gesù Bambino: un vecchio grasso, generoso e ricco contro una creatura misera, inerme e perseguitata da un futuro già tragicamente segnato.

Vincerà un Americano, e vincerà «per» l’America. 

Aggiungerà nuove serrature al portone di casa, sceglierà con maggiore attenzione i propri vicini, non darà confidenza a tutti, ma solo ad alcuni Non chiederà in prestito lo zucchero o la bottiglia del latte, e neppure li elargirà con la facilità di un tempo. Selezionerà con più cura gli amici ed isolerà sempre più i nemici. 

Non sarà un Babbo Natale, ma un babbo e basta: attento ai propri figli e alla propria famiglia, sempre meno disposto ad occuparsi dei figli altrui. I quali, tra l’altro, hanno avuto tempo a sufficienza per crescere, rafforzarsi ed arricchirsi, ed è forse giunto il momento che inizino a comportarsi da adulti, assumendosi in prima persona le loro responsabilità.

Vincerà un Americano. Si illudono coloro che oggi, in Europa, osservano i due candidati in vetrina quasi fossero due manichini vestiti in modo diverso ma comunque alla moda: interrogandosi se indossare un Trump possa aggiungere eleganza ad un Orban o se adornarsi di una Kamala possa rendere appetitosa perfino una Schlein.

Se un forte messaggio dovesse stavolta giungere dagli USA agli Europei, chiunque sia a prenderne la guida, sarà quello così esemplarmente riassunto nel loro stesso nome: «State uniti!». 

Avete avuto le vostre guerre di secessione, ben più ideologizzate, lunghe e cruente delle nostre. Avete conosciuto infinite ricchezze ed infinite miserie, distruzioni totali e miracolose rinascite. Avete trenta secoli di Storia a cui ispirarvi: noi due soltanto. Avete ottime scuole e grandi menti: popoli diversi tra cui confrontarsi in pace, cementandone l’unione. Avete tutto quel che è necessario per diventare un grande Stato, ma uno Stato non lo siete ancora. Quello Stato Europeo che potrete costruirvi soltanto voi, e nessun altro. È un peccato che Babbo Natale e Superman non abitino più qui ma, se ancora vi abitassero, sarebbero oggi più utili a noi che a voi. E ce li terremmo ben stretti.

Noi siamo stati capaci di unificare cinquanta stelle, a voi ne basterebbe metterne insieme la metà. E neppure dovrebbe rivelarsi difficile, considerando che esistono maggiori differenze tra lo Iowa e la California, o tra l’Arizona e il Massachusetts, che non tra la Spagna e la Germania, o tra l’Ungheria e l’Italia.

Vi abbiamo raccolti senza più cibo e senza più un tetto. Vi abbiamo aiutato a risollevarvi. Avete ripreso a camminare sulle vostre gambe, qualcuno persino a correre. 

È tempo che abbiate anche voi il vostro Stato, che diventiate una sola Nazione. 

Non è più tempo di guerra fredda, di destre o di sinistre. È tempo di Risorgimento. Stato Federale Europeo o Europa degli accordi e dei trattati? Nazione Europea o nazioni vicine di casa? Villaggio ben amministrato o case sparse per la campagna? Potenza globale o inerme somma di impotenze locali? Costruire la propria sicurezza o vivere sotto protezione? 

Il 5 Novembre, qui da noi, vincerà comunque l’America. Ma lì da voi, quando vincerà l’Europa? 

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