Escono sconfitte le forze più dichiaratamente eurofederaliste, quelle che si son battute per il superamento dell’Unione in direzione di un vero Stato Federale Europeo. A partire dalla Francia di Macron, primo Paese a porre sul tavolo, alla vigilia di una lunga stagione di guerre, l’urgenza di conferire pieni poteri legislativi, esecutivi e giudiziari – in materia di economia, politica estera e difesa – ad un’istituzione sovrastatale e parallela alle attuali Unione Europea, Eurozona ed Area Schengen. Per finire con la polverizzazione della sola forza espressamente eurofederalista in lizza in Italia, Stati Uniti d’Europa, relegata ben al di sotto della soglia minima.
Per contro, in Francia e Germania avanza la destra più estrema, che trova la strada spianata in due nazioni devastate la prima da un’immigrazione incontrollata, la seconda dalla fine dell’età industriale, con la conseguente scomparsa della «fabbrica» come possibilità di sopravvivenza per milioni di persone prive di formazione professionale o lavorativa, oggi ridotte a dormire per strada.
In Italia la competizione si è fin dal principio tenuta lontana dai grandi temi europei. Non solo per l’inopportuna invadenza dei leader di partito, ma anche perché coincidente con elezioni locali che hanno coinvolto quasi la metà dei Comuni italiani (3.715 su 7.896, il 47%) ed una grande Regione dei Nord: il Piemonte.
Le ragioni della politica interna han dunque preso il sopravvento su quelle europee, dando vita ad una sorta di maxisondaggio di gradimento che ha visto polarizzare i consensi intorno ai due maggiori contendenti: Fratelli d’Italia, che sfiora il 30%, e Partito Democratico, che avanza di quattro punti sulle Politiche 2022.
Il voto moderato, non intercettato da Azione e SEU, si è invece concentrato su Forza Italia, rivitalizzata dalla composta presidenza di Antonio Tajani, mentre il sogno pacifista, inutilmente inseguito da Santoro, sembra incarnarsi nel cattolicesimo altomedievale dell’Alleanza Verdi Sinistra, che strappa un piccolo ma inatteso successo.
Schiaffi ai Cinque Stelle, notoriamente deboli sia nelle competizioni comunali che in quelle europee, sotto il 10%; pugni in faccia a Salvini, vicinissimo a cedere il moscio scettro a Vannacci, che già si permette di insultare il padre fondatore, Bossi, scatenando il panico tra lo zoccolo duro dei Padani storici.
Poco di nuovo dunque, sotto il sole d’Italia, dove le plebi continuano a schierarsi – per forza, o per amore – dalla parte dei potenti. Sempre più frammentata, invece, quell’Europa che ci si illudeva di veder protesa verso una ritrovata unità ed una riconosciuta rafforzata autorità.
Occorrerà attendere le imminenti elezioni in Francia, insieme ad inevitabili aggiustamenti di rotta in Germania, per meglio comprendere su quale strada è in procinto di avviarsi la nuova Unione, e con quanta condivisione ed unanimità tra i Paesi membri. Torna certamente in freezer, per adesso, il sogno originario di uno Stato Confederale Europeo.
Per la gioia dei tanti nemici dell’Occidente. I molti all’esterno ed i troppi al proprio interno.
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