Non si tratta infatti di «azione», ma di «reazione». Non un gesto di autodifesa, ma l’annuncio di un vero e proprio attacco armato.
Reazione (doverosa) al più vile e imponente massacro di innocenti ebrei dopo la seconda guerra mondiale. Ma con due aggravanti: 1) è stato compiuto non in terra straniera, nella Germania di Hitler o nell’Italia di Mussolini, ma sul suolo dello Stato di Israele; 2) non è stato perpetrato di nascosto, nelle camere a gas all’interno dei campi di prigionia, ma sulle pubbliche vie e nelle pubbliche piazze, come neppure Hitler ebbe mai il coraggio di ardire.
«Attacco armato», contro la città di Gaza, e non autodifesa. «Autodifesa» è stata quella dei coloni che han tentato di proteggersi alzando le mani e le braccia contro le mitragliate di Hamas, che non ha esitato a sparare su tutto lo sparabile: dalle culle dei neonati alle carrozzine con gli invalidi, dai ragazzi che danzavano a alle famiglie che celebravano nelle loro case il giorno del riposo.
«Autodifesa» sarà piuttosto quella dei capi terroristi di Hamas, e delle migliaia di fiancheggiatori che li sostengono. L’autodifesa, proprio perché «auto» (autonoma), non può aver luogo se non sul proprio territorio. Per questo non è ammissibile parlare di «resistenza» (forma più alta di autodifesa) quando i criminali di Hamas invadono le terre altrui, senz’altro motivo se non quello di uccidere quanti più innocenti possibile e di spargere il terrore. E neppure si potrà parlare di «autodifesa» di Israele, quando il suo esercito invaderà e distruggerà quel covo di briganti in cui Hamas ha saputo trasformare la città di Gaza. Non sarà «autodifesa», ma un attacco militare. Il più duro possibile.
La massima concentrazione di bronzo, tuttavia, la sempre più bipartita faccia della Cina la raggiunge quando s’infervora in difesa dell’amico-schiavo Putin.
Mentre con una mano, ditino alzato, il rosso Impero ammonisce Israele affinché non esageri nel far cagnara, l’altra mano la tende (falsamente) amichevole ad una Russia sempre più strisciante ai suoi piedi. Una Russia che neppure attese che gli sgozzassero i bambini (come peraltro nessuno sognò mai di fare) per invadere non un covo di mafiosi, ma un pacifico Paese sovrano.
Anzi: visto che già c’era, a sgozzare i bimbi ci ha pensato direttamente Putin. Più di 9.000 sono ad oggi i minori uccisi dai mercenari russi in Ucraina, ed oltre 200.000 son stati rapiti e portati in Russia, dove alimentano in parte il fiorente mercato internazionale degli organi.
Quella sì è stata un’«azione», e non una reazione. Un’«operazione militare speciale» non per rispondere ad un crudele assalto e ripulire la tana dai pirati, ma per impadronirsi di un Paese libero che ha il solo torto di confinare con le terre dello Zar e di aver bonariamente tollerato, senza alcuna «autodifesa», che le venisse invasa e sottratta l’intera Crimea ad opera di mercenari che – ieri come oggi – neppure ebbero il coraggio di esporre le insegne russe sulle divise e sui carri armati.
I Cinesi affamati di guerra se ne facciano una ragione: la città di Gaza sarà rasa al suolo, fino all’ultimo mattone. E gli abitanti invitati a ricostruirsi una nuova vita nel sud della Striscia.
Oppure all’estero. Se solo quei Paesi dell’area che oggi si stracciano le vesti per il popolo palestinese «umiliato e oppresso» aprissero le loro porte ai supposti perseguitati, così come l’Occidente ha fatto, e continua a fare, a favore del popolo ucraino. Ma se ne guardano bene.
C’è prova più evidente che quel che realmente interessa a tanti sedicenti amici, non è «Viva la Palestina», ma «Muoia Israele»?
Quanti profughi di Gaza sono disposti ad accogliere l’Egitto, la Siria, il Libano, l’Iran, l’Iraq, l’Arabia, il Qatar…? Quanti esuli son pronti ad ospitare i fratelli palestinesi nelle loro tranquille case in Israele e in Cisgiordania?
Per adesso, nessuno. A cominciare dall’unico Stato confinante con la Striscia, quello del noto benefattore Abdel Fattah al-Sisi, tremebondo al solo pensiero di doversi rimettere in casa quei medesimi Fratelli Musulmani ai quali strappò con le armi il potere.
Al-Sisi ha pertanto prudentemente dichiarato che accetterà solo ostaggi americani in fuga. E a pagamento. Forse assalito dal dubbio che, in un’area dove Hamas raccoglie oltre il 60% dei consensi, non tutti sfuggano al sospetto d’esserne fiancheggiatori attivi, piuttosto che vittime innocenti.
Facce di bronzo di così eccelsa fattura, allergiche ad ogni verità ed in così gran numero, mai se ne videro tante come di questi giorni.
Sapremo presto se l’acciaio dei cannoni di Israele riuscirà ad aver la meglio sul bronzo dei suoi nemici, debole lega di rame e stagno.
Al momento, una sola cosa è certa: Israele ha annunciato di voler entrare a Gaza e raderla al suolo (per non parlar del sottosuolo), causando il minor numero possibile di vittime nel (disperato) tentativo di salvare il maggior numero di ostaggi. Con l’obiettivo finale di estirpare per sempre l’organizzazione paramilitare di Hamas.
Cosa strana, nessuno stavolta dubita che Israele, a differenza dei suoi tanti avversari, dica la verità.
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