Se le minoranze sono oggi tali, è perché il particolarismo delle rivendicazioni, la ristrettezza delle vedute, l’esclusivo legame con una realtà locale o qualsiasi altra oggettiva limitazione ha impedito ad esse di crescere ed affermarsi oltre una certa misura.
Pretendere di unire sotto una sola bandiera programmi politici talvolta opposti e contrari, come quelli portati avanti da atlantisti e antiatlantisti, progressisti e regressisti, eurofederalisti ed euroscettici, materialisti e spiritualisti, legalitari e criminali non soltanto è una missione impossibile: è anche inutile. Perché le distanze, magari tacitate e compresse durante la campagna elettorale, saranno infine destinate ad esplodere in quelle sedi istituzionali dove il molto che le allontana non potrà non aver la meglio sul poco che invece le avvicina.
Una vera maggioranza non si crea per somma algebrica, ma per successive attrazioni e aggregazioni attorno a un polo fortemente magnetico. I frammenti metallici restano tali, se buttati alla ben e meglio in un sacchetto, ma diventano una cosa sola se una forte calamita li attrae. Rinsaldandoli.
Peggio che mai quando ci si illude di poter sommare due forze con capacità magnetica più o meno equivalente: due calamite, come la fisica insegna, si respingono piuttosto che attrarsi, se i poli si ritrovano in posizione errata.
La forza dell’attuale maggioranza di governo non sta certo nel valore dei dubbi personaggi che ne fanno parte, quanto nella presenza di un forte polo attrattivo sul quale le altre posizioni, non poche volte discordanti, finiscono per schiacciarsi. Non si tratta di un Frankenstein nato casualmente dal sommario ricucimento di membra differenti e di incerta provenienza, ma di un organismo dove ciascuna parte svolge un ruolo ben determinato ed una sola di esse, la testa, è autorizzata a parlare.
La testa, che non a caso ha per sinonimo la parola «capo», è rispettata da ogni altra parte del corpo perché è il solo organo, oltre al cuore, senza il quale l’intera creatura cesserebbe di esistere.
Detto ciò, la domanda che sorge spontanea è questa: l’annunciato ed auspicato «campo largo» dell’opposizione dispone di una testa? Possiede un cuore?
L’indubbia risposta è che una testa ancora non ce l’ha. Nessuno degli aspiranti campeggiatori è disposto a rinunciare ad un solo mignolo del loro insignificante corpicino per dar sangue al capo, ciascuno presuntuosamente convinto che il solo temporaneo motivo della propria condizione di perpetua minoranza sia il popolo bue, incapace di raggiungere le vette apicali del loro alto e illuminato pensiero.
E tantomeno ha un cuore: nessuna somma di piccoli egoismi, attenti solo al proprio particolare, può averlo. Pronti come sono a imbrattare monumenti, spaccare vetrine o sfasciare città pur di affermare il loro (e soltanto loro) ristrettissimo pensiero.
Tanta limatura necessita di un forte magnete. Non di un sacchetto. E magneti in giro, da quelle parti, non se ne vedono.
Non lo è l’attuale segretaria del piddì, certamente, ma neppure lo sarebbe stato l’alternativamente eletto e istantaneamente diseletto, e tampoco qualche esemplare di quei vecchi ruderi, portatori insani di puzzetta sotto il naso, la cui missione all’interno del partito non è mai andata oltre un’attenta contemplazione del proprio perfetto e rotondissimo ombelico.
Occorre che il piddì si armi di larghi ed ambiziosi obiettivi e definisca una linea che indichi la strada più breve e sicura per raggiungerli. È tempo che al suo interno ci si accapigli e ci si misuri con la realtà, che è fatta anche di ombelichi altrui. E sarebbe corretto che tale confronto, duro, anzi durissimo, si svolgesse al proprio interno. Non sui giornali avversari o su blog nati per ridere, come questo.
C’è un organo di stampa, «L’Unità», finalmente resuscitato. Sarebbe bello, lineare e trasparente se ad occupare quelle pagine non fossero soltanto i programmi della tivù o le classifiche del calcio, ma un franco e sincero dibattito su che cosa debba essere oggi la sinistra: se quella che ferma i treni o quella che costruisce ponti e strade; se quella che si lagna del vecchio o quella che costruisce il nuovo; se quella che antepone le pur giuste rivendicazioni delle minoranze o quella che democraticamente guarda alle esigenze della maggioranza; se quella che davvero vuol vincere o quella che siede in riva al fiume in attesa di vedere passare il cadavere del nemico.
Che stavolta, però, è davvero troppo giovane per poter confidare in un suo prossimo quanto rapido passaggio.
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