Lascia quella RAI di cui pure fu presidente, fiore all’occhiello di una carriera che l’ha vista inviata di guerra e corrispondente dal Medioriente, giornalista, conduttrice televisiva e direttrice di agenzie e testate giornalistiche, scrittrice. Senza scordare i coraggiosi esordi come supplente di Matematica in quel di Teulada, nel sud della Sardegna: prova di vita non meno formativa di quella a suo tempo sperimentata da un imberbe Indro Montanelli liceale a Nuoro. Giovane donna sempre pronta a rimboccarsi le maniche, poco adusa a frignare.
Con un cursus honorum di tal peso, di gran lunga superiore a quello, sommato, di tutti i ministri di questo disorientato governo, insignita di numerosi premi di levatura sia nazionale che internazionale, Lucia Annunziata ha rifiutato di indossare il corto guinzaglio che i nuovi padroni si accingevano a stringerle, e ha lasciato la trasmissione e l’incarico.
Onore al merito. Quando l’albergo è sporco e inconfortevole, è il cliente che sceglie di andarsene, mica il padrone. Ed anche al più presto. A meno che non si tratti di un senzatetto, costretto dalla sorte a pietire la mediocre ospitalità dei mediocri. Ma non ci pare questo il caso: è la RAI che vive (viveva) dei Fazio e delle Annunziata, non il contrario.
L’aspirante servizio pubblico, in via di crescente privatizzazione, da oggi possiede una mezz’ora in meno: ma è una mezz’ora che ne valeva dieci, di quelle affidate ai grandi fratelli e alle più discutibili sorelle.
Auguri a Lucia Annunziata, che non ne ha bisogno.
E auguri alla RAI (che ne ha invece una disperata urgenza).
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