Il pallone gonfiato già l’avevamo, i legami di un’alleanza suicida son stati provvidenzialmente tagliati e la zavorra infine gettata al suolo.
Non poteva finire diversamente.
«Mente tra ozi» è l’anagramma di Matteo Renzi: lo scacciavoti che della mongolfiera s’è servito per sollevarsi quel minimo necessario per non esser cacciato dal Parlamento. Un passaggio non gratuito, se è vero che grazie al leopoldino il partito di Calenda ha scansato la raccolta firme indispensabile per presentare la lista. Ma adesso, avuto ciascuno quel che dalla forzata alleanza si proponeva di ottenere, nulla più accomuna l’innaturale unione tra un sognatore puro e il praticone impuro.
Libero dalla zavorra, il pallone non può che riprender quota. A patto che non insegua numeri e percentuali da partito di massa. Numeri che poco si addicono a un vero partito di centro.
Il Partito Liberale, in Italia, non è mai andato oltre il 7%. Il Partito Repubblicano non ha mai raccolto più del 6%. Ciò nonostante, il loro contributo alla crescita del Paese è stato ben più consistente di quelle esigue percentuali.
La qualità, prima ancora della quantità, dovrebbe essere il metro di misura di una politica centrista, in grado di coagulare intorno a sé il primo nucleo di quella che potrebbe essere la classe dirigente del domani, fatta di esseri pensanti, prima ancora che urlanti. In nessuna Nazione al mondo la consistenza di una classe dirigente può andar oltre il 5-10% della popolazione, o non sarebbe tale, non avendo più niente e nessuno da dirigere.
Se intende raccogliere preferenze al centro, Calenda non necessita della forzosa compagnia di uno scacciavoti, quanto piuttosto di praticare quell’altra metà del motto mazziniano che nessun altro partito in Italia ha osato far sua: non soltanto «azione», ma «pensiero e azione».
Pensare, prima di agire. Tracciare una linea e sostanziarla: riallacciando le radici con l’illustre passato laico liberalrepubblicano e rendendola intelligibile ai più con parole d’ordine chiare, inequivocabili e immediate. Ma, soprattutto, diverse. Diverse dalla poltiglia infantilistica che oggi contraddistingue la narrazione delle sedicenti opposizioni. Mai così litigiose e divise come quando insistono nel voler dir tutte le medesime cose.
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