Date retta a noi alati, che il nostro Capo lo conosciamo a fondo. E di scherzi da prete – come laggiù siete soliti chiamarli – quassù ci capita di subirne spesso di misura infinitamente più ampia. Eva fu progettata per fare esattamente quello che ha fatto: pietra di inciampo su un cammino fin troppo lineare e monotono, destinato a divenire in breve morte eterna, piuttosto che vita eterna. Un colossale scherzo da superprete dei preti, senza il quale l’umanità altro non sarebbe stata che una specie animale in più. Privilegiata rispetto ad ogni altra, s’intende, potendo mangiare senz’essere mangiata, ma infine costretta a viverne la medesima vita. Bestiale, piuttosto che umana.
E invece no! Eva fu creata proprio così: naturalmente insoddisfatta. Per nulla disposta ad accontentarsi di quel rigoglioso bendidio apparecchiatole tutt’intorno, quello stesso che Adamo riteneva invece il massimo a cui una creatura umana potesse aspirare.
Non è un segreto che, ancor oggi, se a una donna regali rubini, quella ti chiede zaffiri, e se le regali zaffiri, vuole diamanti. Figuriamoci se la madre di tutte le donne avrebbe mai potuto accostumarsi a vivere da hippie in un Paradiso per giunta di seconda mano, come quello Terrestre!
No. Non lo fece. Volle sfidare quel che le era stato proibito, senz’altra ragione se non la curiosità di scoprire perché mai lo fosse. Peccò, certo. Ma quell’irrefrenabile desiderio ne fece la prima stilista al mondo, e della foglia di fico il primo comodo e leggero indumento dell’umanità. Non soltanto l’insegna di un supermercato bolognese doviziosamente fornito.
Quella foglia non è stata che il primo gradino dell’appena nata dialettica tra Natura e Cultura.
Da quel momento, alla creazione divina (la Natura) si sarebbe per sempre contrapposta la creazione umana (la Cultura), in una millenaria competizione che ha visto – e ancora vede — prevalere talora la prima, talaltra la seconda. E il mondo è divenuto quel crogiuolo di realtà e fantasia col quale l’umanità è oggi chiamata a interagire. Alcuni migliorandolo, altri peggiorandolo: chi costruisce monumentali edifici e chi preferisce imbrattarne i muri; chi ricerca la verità e chi diffonde la menzogna; chi coltiva i campi e chi li bombarda; chi inventa nuovi medicinali e chi nuove droghe.
Il fatto che il mondo, seppur con incerti passi, dall’invenzione della ruota ad oggi sia comunque incontrovertibilmente migliorato, lascia ragionevolmente sperare che nel lungo periodo il bene finisca sempre col prevalere sul male. Accettando il principio che nessun bene potrebbe esistere senza il male, né ricchezza senza povertà, né salute senza malattia, né luce senza buio, né angeli senza demoni, né vita senza morte.
In questa eterna commedia dialettica, alla persona di Eva è spettata ahinoi la parte del cattivo. Universalmente additata come sola responsabile di tutte le storture del mondo, quando di esso è stata invece la pur inconsapevole genitrice. Ridicolmente accusata persino di meretricio! Come se a quei tempi, con un solo possibile cliente, una qualsiasi meretrice avesse potuto arricchirsi!
«Madre Eva!», e non l’opposto, dovrebbe oggi essere la benedizione da rivolgerle, piuttosto che la popolare imprecazione.
E fossero state solo le parole, a marchiare ed opprimere le discendenti! Macché: ci sono i fatti. Millenni e millenni di durissimi fatti.
Se è vero che il mondo è progredito, lo è stato grazie all’accumulazione dei saperi, in virtù della quale i nani di oggi possono scrutare il futuro sulle spalle dei giganti di ieri. Ebbene, prima ancora che nascesse la scrittura, tanto decisiva per la costruzione della conoscenza, i saperi venivano trasmessi oralmente di padre in figlio. Ma perché ciò potesse accadere, occorreva aver piena certezza che la persona alla quale il capotribù andava rivelando i segreti della caccia, o della lavorazione della pietra, o della fusione dei metalli, fosse con assoluta sicurezza carne della propria carne. E per esser certi di ciò non esisteva allora che una sola possibile procedura: rinchiudere la presumibile madre in una capanna o in una caverna e lasciarcela dentro fin quando non avesse dato visibili segni di una gravidanza in corso.
Non fu che il triste principio di una lunga sottomissione delle donne, e nulla meglio della mitica figura di Eva si prestava ad esser portata a prova di una presunta innata inaffidabilità dell’intero genere femminile, se non di volontaria malvagità: quella stessa di cui furono in seguito accusate le altridicenti «streghe».
Pessima fama, per l’umana progenitrice. Pessimi effetti, per le discendenti costrette a pagarne le colpe: non solo partorire con dolore, ma subirne dell’altro per mano degli irriconoscenti partoriti!
Rivalutare la figura di Eva significa ridefinire il ruolo della donna in un mondo che solo il quotidiano confronto fra Natura (divina) e Cultura (umana) ha oggi reso diverso e migliore di quello di ieri.
La presa di coscienza delle donne americane durante e dopo le due grandi guerre, scopertesi capaci di sostituire in tutto e per tutto gli uomini partiti per il fronte, non solo cucendo divise, ma fabbricando cannoni, carri armati e portaerei, diede il via alle prime rivendicazioni femministe, presto diffusesi in Occidente man mano che l’età industriale stipava sotto i medesimi capannoni uomini e donne impiegati nei medesimi lavori, ma con paghe ingiustamente differenziate.
È stata però l’evoluzione dei metodi anticoncezionali, risposta della scienza alla minaccia di un mondo sovrappopolato, a regalare alle donne la possibilità di condurre una vita per la prima volta realmente indipendente, liberata dalle incertezze di possibili gravidanze indesiderate.
In tempi recenti, la scoperta che un rapido esame del DNA è sufficiente a certificare la paternità meglio di una qualsiasi pietra posta a chiudere l’imboccatura di una grotta, ha demolito per sempre l’originaria motivazione della segregazione femminile nella famiglia e nella società.
La tanto venerata Natura sarà costretta ad ammettere che la Cultura ha ultimamente segnato più d’un punto a proprio vantaggio.
Ora non resta che portarne a conoscenza gli strati più ignoranti della popolazione: quelli che scoprono i Beatles cinquant’anni dopo il ritiro dalle scene (prima non erano che «luridi capelloni»), in costante ritardo sul presente ed incapaci di immaginare un futuro che non sia un ritorno ad un mitico passato mai veramente vissuto e pertanto idolatrato, come quei parvenu che riempiono la propria casa di improbabili mobili «antichi», falsi testimoni di fortune mai esistite.
E i primi a impegnarsi affinché sia restituita ad Eva quell’onorabilità che oggi le spetta, dovrebbero essere i maggiori rappresentanti in Terra di quelle Chiese (tutte!) che per secoli l’hanno arbitrariamente e ripetutamente umiliata e oltraggiata.
Qual è stata, infine, la disubbidienza di Eva, se non la tentazione di insinuare un dubbio tra le granitiche certezze maschili, frantumandole? E come si potrà mai ambire a costruire alcunché di nuovo, se non sottoponendo quotidianamente alla prova del dubbio quelle che oggi appaiono come solide verità, ma che un domani non saranno forse che labili superstizioni?
La Scienza, non a caso, è femmina. E non a caso la tastiera sulla quale in questo momento anche noi angeli scriviamo ha per simbolo una mela morsicata: l'immagine stessa della trasgressione.
Chi mai avrebbe potuto pensare, nell’America del 1976, che una fredda macchina per ufficio come il calcolatore potesse diventare uno strumento di conoscenza, di comunicazione, di svago, più irrinunciabile del frigorifero o della lavatrice, presente in ogni famiglia e capace di dar filo da torcere alla radio e alla televisione?
«Siate affamati, siate folli!», era solito predicare Steve Jobs, l’uomo che diede nuova vita al computer.
Ben conscio di come quella prima originaria trasgressione, quel primo morso alla mela, sia stato sin dal principio il vero motore del mondo.
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