Che al mercato si strilli, è cosa normale: «Non siamo mica al mercato!», è il consueto rimprovero con cui si tacita una compagnia indecorosamente rumorosa. Ma stavolta c’è qualcosa di diverso: il chiasso degli improperi e degli sberleffi indirizzati al banchetto del vicino supera in intensità le sperticate lodi e le miracolose promesse circa la bontà e la genuinità del prodotto esposto.
Le leggi dell’acustica stabiliscono una proporzione inversa tra i decibel emessi dal venditore e la puzza del pesce che espone sul banchetto: più il pesce è guasto, più elevate son le grida di chi tenta di venderlo. Ma se il pesce è guasto ovunque, ancor più forti delle lodi tuonano le accuse nei confronti del pesce del vicino: solo indiscusso responsabile del puzzo che indiscriminatamente infesta l’intera area di vendita.
Così, tra promesse di sconti sottocosto e giuramenti di inimitabile qualità, i consumatori si aggirano tra i banchi turandosi opportunamente il naso. Ma anche le orecchie. Ma anche la bocca. Ma anche ogni altro minacciato orifizio. E con le mani sul portafoglio.
Ben imbandierato è il punto vendita del piddì. Non offre che piccole cose: decreti Zan, canne a poco prezzo, gratta&vinci ai ragazzini... Ma in realtà neppure gli interessa vendere: quel che più gli preme, invece, è che nessuno compri i meloni un po’ fracichi nel banchetto accanto.
Lì, tra fiamme tricolori e antichi busti d’ardita mascella, una piccoletta dai modi un po' sguaiati vende con successo e a poco prezzo vecchi quadri e soprammobili, spacciandoli per nuovi.
Elegantissimo, tra la sporcizia che caratterizza ogni mercato, un nobile decaduto dal fazzoletto a tre punte ancora incanta qualche sprovveduto offrendogli pomate miracolose, lozioni per un’immediata ricrescita dei capelli e prodigiose pastigliette di cittadinanza: più efficaci di qualsiasi viagra.
Lo supera solo un vecchietto in doppio petto dalla parlata strascicata, che in meneghino stretto promette da sempre: «Più tutto per tutti. Ed anche di più».
Due figure che ricordano alla lontana il gatto e la volpe espongono una collezione di magiche clessidre che consentono di tornare indietro nel tempo: di riposizionare il drago sul podio, di abbassare i prezzi di gas e petrolio e di riportare l’euro quindici punti al di sopra del dollaro. Il gatto, più cicciottello, sta al banco. La volpe, in posizione più defilata, attende in silenzio di contare l’incasso. Per poi decidere se interrompere o consolidare l’improvvisata società.
Seduto su un traballante sgabello dietro il tavolino a tre zampe, il mago Lumbard, scintillante nella sua felpa e col rosario al collo, invita i passanti a baciare sulla bocca un rospo che tiene lì legato. Il batrace ha per nome Putin, ed il mago sostiene che sia sufficiente baciarlo per trasformarlo in un meraviglioso principe che aprirà ai suoi liberatori il rubinetto del gas, e pure quello dei denari!
Mentre svolgono con studiata sapienza il loro mestiere di imbonitori, per ogni parola rivolta ai potenziali acquirenti, dieci le sparano invece in direzione dei circostanti concorrenti.
Logica vorrebbe che se i nemici fossero realmente quei demoni che a parole essi dipingono, ciò dovrebbe costituire motivo di gaudio, piuttosto che di rancorosa indignazione. Cosa si può desiderare di meglio, se non il doversi misurare contro avversari deboli, incapaci, inconsistenti e in malafede, piuttosto che con un nemico forte, preparato, con buon seguito ed alti ideali?
E invece no. Evidentemente incapaci di attrarre amore su di sé, aizzano l'odio verso gli altri. Certificando in tal modo la propria inferiorità e l'altrui superiorità. Tafazzi avrebbe saputo far di meglio?
Misteri terreni. Che a noi alati non è dato comprendere.
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