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Lezioni di pesca

Sono ormai duemilasettecentotrentasei anni che tra le nuvole del Paradiso ci fa compagnia un simpatico angelo che, sotto la dinastia Zhou, fu uno dei più abili pescatori dell’isola di Xiadaoniang, di fronte alla costa orientale della Cina. 

Il pacifico Ming (questo era stato in vita il suo nome) conduceva un’esistenza sana ma semplice e sempre uguale, lontanissima dalle ricchezze e dai lussi che animavano la corte di Chengzhou, l'odierna Luoyang.

L'umile Ming non aveva mai visitato quella splendida reggia, di cui forse neppure sospettava l’esistenza, ma un suo pensiero, che alcuni marinai forestieri orecchiarono per caso mentre dividevano con lui il pasto in una vecchia taverna sul molo, giunse di bocca in bocca là dove Ming in tutta la sua vita non sarebbe mai potuto arrivare: tra le possenti mura della città proibita, residenza dell’imperatore della Cina Orientale. 

Attribuita dai posteri ora a Confucio (nato però duecento anni più tardi), ora al poeta Kuang Tsen, ora ai Gesuiti spagnoli, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che quel frammento di sapienza, destinato ad attraversare i millenni, provenisse dalla mente di un povero pescatore che una giornata di bonaccia aveva costretto in mezzo al mare in una giornata di magra. 

«Dai un pesce ad un uomo e lo nutrirai per un giorno; insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita». Questa era stata l'improvvisa illuminazione di Ming, riconoscente debitore del proprio sostentamento a chi seppe un tempo trasmettergli quell’arte. 

Seppure il destino gli avesse impedito di legare il proprio nome a quella frase, divenuta in seguito proverbiale, per quasi tre millenni Ming non mancò di gioirne insieme a noi, felice e soddisfatto della duratura traccia involontariamente lasciata nel corso del suo breve passaggio per il mondo. 

Da circa tre anni, tuttavia, il nostro beato collega Ming ha preso ad intristirsi giorno dopo giorno. Il bel sorriso orientale s'è quasi spento e sempre più spesso ci capita di vederlo isolarsi tra oscuri pensieri. 

Quando qualcosa del genere accade, tra gli splendori di un Paradiso di cui Thaiti e Bora Bora non sono che un'imitazione da bancarella, il primo pensiero va al demonio: che certamente deve aver scovato qualche inedita e diabolica via per stender fin qui i suoi luridi artigli. 

È stata sufficiente una breve indagine affidata all’angelo di prima piuma Andrea Camilleri, recentemente giunto fra noi, per scoprire le ragioni di tanto sconforto. 

Pare che il demonio in persona, travestito da stella – anzi: da cinque stelle –  abbia escogitato un modo per cancellare dal mondo la saggia sentenza di Ming, rovinandogli la vita per l’eternità. 

Il satanico inganno, astutamente celato sotto il nome di «Reddito di cittadinanza», avrebbe preso il via in Italia: lo stivale dei nostri stivali dove ogni imbroglio vale. 

La truffa sta già nel nome, dal momento che non si tratta in realtà di un reddito (corrispettivo di un lavoro o frutto di una preesistente ricchezza) ma di una rendita (sinecura elargita gratuitamente senza alcun corrispettivo), e neppure può dirsi di cittadinanza, visto che è legittimato a percepirlo anche chi una cittadinanza non la possiede. Il peggior inganno, tuttavia, sta nel fatto che negli intenti inizialmente dichiarati, tale rendita sarebbe dovuta essere propedeutica all’avviamento del percipiente al lavoro. 

Per dirla col collega Ming: io ti insegno a pescare, ma poiché tu moriresti prima, se non ti dessi di che cibarti nel frattempo, ecco a te mezzo pesce che continuerò ad elargirti fino a che non sarai pronto a pescarne di tuo con la canna che adesso ti preparo. Anzi: incaricherò all'uopo una razza particolare di esperto marinaio (il navigator) affinché ti prepari la più bella canna da pesca che tu abbia mai visto. 

Un angelo non avrebbe saputo dir meglio. Ma a parlare, ahimé, non era un angelo, ma Satana in persona. Con tutte e cinque le corna mascherate ciascuna da una mal disegnata stella.

Immediatamente il diavolo si mise alla ricerca di tutti i peggiori fannulloni che allignavano nella buffa penisola, inclusi proprietari di prime e seconde case, spacciatori multisostanza e criminali d'ogni genere, commercianti abusivi, titolari di redditi occulti, finti nullatenenti con ricchi parenti, persino camorristi da anni in carcere, per giunta di massima sicurezza. E diede loro un mezzo pesce ogni mese affinché, sotto la guida del navigator (che di pesci ne riceveva invece tre) imparasse a pescare. 

Mille ragioni venivano però ogni volta opposte per giustificare l'ostinato rifiuto dei beneficiati ad apprendere: la canna è troppo lunga, troppo corta, e neppure mi piace il colore; l’amo è troppo piccolo; l’amo è troppo grosso; sono un ambientalista e lungi da me l'idea di uccidere un pesce: preferisco mangiarlo già ucciso; mi fa male la mano e non posso reggere la canna; meglio povero in canna che faticar con la canna… E via scansando. 

Così non solo nessuno imparava a pescare, ma molti di coloro che già lo facevano trovarono più conveniente tirare i remi in barca e cessare di farlo, mentre coloro che avrebbero dovuto insegnarlo agli altri (i navigator, per definizione i più bravi nell'arte) la barca l’avevano da tempo inchiodata in porto, preferendo girarsi i pollici in qualche oscuro ufficio.

Potete immaginare lo sconforto di Ming, consolatosi dopo quasi tre millenni della mancata fama, ma adesso a rischio di passare addirittura per menzognero, col più bel frutto della sua utile vita cancellato da quanti propugnavano invece un più redditizio e meno faticoso non-vivere.

Come le Scritture insegnano, le battaglie tra angeli e demoni si svolgono sulla Terra, non potendo oltrepassare i primi le porte dell’Inferno e i secondi quelle del Paradiso. 

Così diversi angeli furono spediti dabbasso sulla non più paradisiaca Terra, chi in veste di ministro, chi di sottosegretario, chi di parlamentare, col preciso compito di por fine a tanto scempio. 

Ma lo stesso avevan fatto i diavoli, decisi a difender strenuamente e in armi la volontà di cancellare per sempre la punizione a suo tempo comminata ad Adamo.

Quel che poi è successo è sotto gli occhi di tutti: il governo italiano costretto a dimettersi, il Parlamento disciolto e i nostri ed i loro agenti costretti a improvvisare in pochi mesi una campagna elettorale sotto i 40° del fiato infuocato con cui Belzebù va incendiando, non solo metaforicamente, il Paese. 

Non gliela daremo vinta. Combatteremo e lotteremo fino a veder riaffiorare il sorriso tra le rosee gote di Ming, affinché il suo detto, universalmente divenuto proverbiale, tale ancora rimanga per molti e molti millenni, e il diavolo cacciato per ora e per sempre all’opposizione. 

Strappate le stelle, torneremo infine a riveder le corna.

E a rinfrescar negli umani l’arte di distinguere il bene dal male.  

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