Passa ai contenuti principali

Servo sì. Ma di chi?

Il fazzolettato a tre punte posto a capo delle stelle a cinque punte non ha ancora cessato di lagnarsi di un Draghi «servo degli USA e della NATO» («Fracchia di Biden», nell'ultimo Crozza su Teletravaglio), che già le prime pagine dei giornali di tutto il mondo strillano la notizia della richiesta di tregua rivolta dal segretario americano alla Difesa americano Austin all'omologo ministro russo Sergej Shoigu. Esattamente quel che Draghi aveva chiesto a Biden nel corso della sua visita a Washington. 

Draghi servo di Biden? O Biden servo di Draghi?

Quasi in contemporanea Olaf Scholz ritrova sulla rubrica il numero cancellato di Putin e si attacca al telefono per inoltrare al capo di tutte le Russie la medesima richiesta di cessate il fuoco. Confermando in tal modo una preesistente intesa di Draghi non solo con Macron, ma anche col cancelliere tedesco.  

Draghi servo dell'Unione Europea? O l'Unione serva di Draghi?

Putin, come prevedibile, ha risposto picche ad entrambi, ma ciò non toglie che quel passo auspicato da tanti bellicosi pacifisti nostrani è stato compiuto, e ai massimi livelli. E ciò che lo ha reso concretamente possibile è stata l'autorevole spinta del nostro presidente del Consiglio. Che in un sol colpo ha portato allo scoperto tanto l'indisponibilità dell'aggressore all'auspicato «dialogo» quanto l'inconsistenza delle illusioni dei pacisemplicisti in patria.  

Il quadro strategico e politico è in poche ore ancora una volta mutato. 

Se è vero che il mondo ancora non sa dove e quando intenda fermarsi Putin, USA e UE si sono invece dimostrate pronte a chiudere al più presto l'intera vicenda. Sarà più difficile, adesso, per lo zar dell'azzardo, indossare i panni della vittima sotto attacco, quando è ormai a tutti chiaro che il solo a provar gusto nell'attaccare è lui. Che infatti rilancia minacciando di mobilitare contro l'Ucraina un milione di soldati.   

Per qual motivo poi lo faccia, nessuno lo sa. Non certo per conquistare nuovi spazi vitali, dal momento che già possiede il più vasto Paese al mondo (per lo più disabitato), esteso su undici fusi orari su ventiquattro: quasi la metà del pianeta. Tanto meno per motivi d'onore, viste le molteplici figuracce che va inanellando di giorno in giorno sul campo. E neanche per denaro, se si considera (sanzioni a parte) quanto il giochino gli sta costando: tra aerei da 100 milioni l'uno, elicotteri da 15, carri armati da 10, missili da 2, navi da oltre un miliardo e mercenari a 1.000 euro al giorno. E ancor meno per assicurare un futuro migliore ai Russi, destinati ad essere additati come selvaggi assetati di sangue almeno per i prossimi cinquant'anni.  

Tornando rapidamente in volo da Mosca a piazza Monte Citorio, dove assai più misere battaglie si combattono, sarà poi curioso vedere con quali armi (retoriche) i seguaci dell'extraparlamentare incaricato di pascolare il multicolore gregge dei cinquestelle (con più d'un buco nero) cercheranno di colpire Draghi in Parlamento, dove riferirà a breve il risultato della missione americana e i nuovi scenari che vanno delineandosi. Dovranno inventarsi per Draghi un nuovo padrone, perché servo di qualcosa o di qualcuno – a detta loro –  dovrà pur essere. Se è vero che uno vale uno, e che pertanto un Draghi non può in alcun modo differire da un Toninelli, ministri entrambi. 

Se questi poveretti avessero quanto meno portato a termine gli studi medi, saprebbero che la parola «ministro» trova origine  in quell'antico romanesco «minister», il cui significato altro non è che «servitore» o «sottoposto». Draghi, che a differenza di tanti portatori d'arie che lo hanno preceduto non ha mai voluto magnificarsi con titoli impropri, quali «premier», «primo ministro», «capo del governo», «capo dell'esecutivo» e altre simili amenità non previste dalla nostra Costituzione, nella sua veste di ministro a pari grado con gli altri ministri, non ha finora fatto altro che servire l'Italia. Fedele alla Repubblica e nell'interesse esclusivo della Nazione. Così come giurato nel giorno del suo insediamento.

A chi avranno invece giurato fedeltà i suoi non sempre disinteressati detrattori? 


Commenti

Post popolari in questo blog

Elogio del «Non ancora!»

Se solo gli umani sapessero quanto tutto quel che più li preoccupa appaia più chiaro, visto da quassù!  C'è voluta qualche decina di migliaia di anni prima che i terrestri accettassero l'idea che la Terra fosse tonda (e molti ne restano ancora da convincere). A noi, da quassù, è sufficiente affacciare il naso  fuori  dalla nuvola per osservare il pianeta ruotare maestoso nel cielo.  Allo stesso modo ci stupiamo nel vedere i suoi abitanti consumare in sterili diatribe buona parte delle loro altrimenti fortunate esistenze.  Ed è buffo che spetti a noi, che vivi più non siamo, insegnare come vivere ai viventi!  Non meravigliatevi dunque se tra i nostri compiti vi è anche quello di elargire di tanto in tanto qualche angelico consiglio.  Il suggerimento di oggi è che gli umani aboliscano definitivamente l'uso del SÌ e del NO. Causa prima e perniciosissima di gran parte dei loro mali.  Dicono i Romani (queli de Roma, no' queli de Caligola): «Con un SÌ ti impicci, con un NO ti

La Quarta Europa

Mentre dalle frontiere ucraine i venti di guerra bussano prepotentemente alle porte, l’Unione Europea – o, per meglio dire, alcuni degli Stati membri, in particolare la Francia – avvertono l’urgenza di rafforzare la difesa europea, più che dimezzata dopo la Brexit e frantumata in 27 eserciti che non comunicano tra di loro. Uno solo dei quali (quello francese) dotato di armamenti moderni e basi all’estero, ed altri – come in Italia e in Germania – ancora limitati dai trattati di pace del 1947. A voler parlar sinceramente, una vera Difesa Europea non esiste. Esistono eserciti nazionali, mal coordinati ed in diversa misura armati. Forse capaci di distinguersi in circoscritte missioni di pace o di ordine pubblico, ma non certo in grado di rispondere in modo efficace alle crescenti minacce di una o più grandi potenze nucleari.  Come di fatto in questi giorni avviene.  Esiste una NATO, certo: un’alleanza difensiva sovraeuropea mostratasi in grado di proteggere il continente per un tempo fin

Dieci sconfinate menzogne

1) Le frontiere fra nazioni non hanno più alcuna ragione di esistere. Chi davvero lo pensa, dovrebbe per coerenza lasciare aperto di notte il portone di casa.  Quel che fa di un edificio un’abitazione son proprio le presenze umane che lì ci vivono, e il portone di casa è il limite che segna il confine tra il mondo di dentro (tendenzialmente amico) e il mondo di fuori (tendenzialmente nemico).  Starsene in casa propria non significa però autocondannarsi agli arresti domiciliari. Il portone lo si apre più d’una volta: per accogliere le persone gradite che vengono a farci visita, ma anche chi lo varca per ragioni di lavoro, dal portalettere all’idraulico. Talvolta anche per il mendicante che bussa alla porta in cerca di qualche elemosina.  Resta però ben chiuso di fronte a chi pretende di entrarvi di nascosto e con la forza. Peggio ancora se nottetempo, dal balcone o dalle finestre.  C’è un campanello. Suonarlo significa chiedere il permesso di entrare. Concederlo o meno, resta una prerog