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Animalrazzisti?

Il nostro supremo capo impiegò ben due giorni per disseminare nel mondo la sterminata moltitudine di specie animali celesti, acquatiche e terrestri, concludendo l’opera con quello che pensò potesse considerarsi il proprio capolavoro, e cioè l’essere umano. 

Fatto ciò, vista la relazione di quasi parentela con quell’ultima creatura così amorevolmente foggiata a propria immagine e somiglianza, il sommo condottiero volle festeggiare l’evento donandogli pieni poteri sul pianeta Terra e su ogni cosa vivente.

Poche idee, ma chiare: da un lato l’uomo, re del creato, dall’altro il creato, al suo servizio.     

Molte idee, ma confuse, paiono al contrario albergare nel cranio dei sedicenti animalisti, che per meglio guadagnarsi un biglietto di terza classe per l’Inferno non soltanto ribaltano la verità della Genesi, anteponendo gli interessi animali a quelli dell’umanità, ma stilano un’ingiustificata graduatoria di valore tra animale e animale, sostanzialmente basata sulla stazza e sulla razza. Semplificando: un animale è tanto più degno d’esser trattato con ossequio e rispetto, quanto più esso somiglia all’umano animalista che lo osserva. 

L’orsacchiotto, così simile al cucciolo d’uomo, guai a chi lo tocca! 

L’agnellino, così tenero, guai a chi lo pasqua!

Il gattino, col suo flebile miagolìo, guai a chi lo investe. 

Ma la zanzara? Gasata! Come ad Auschwitz. 

Lo scarafaggio? Schiacciato, come orzo nella macina. 

L’aragosta? Bollita viva. 

E la spugna marina, porifera pluricellulare di specie animale? Di quella, letteralmente, se ne fregano e ci si fregano.

Che gli animali siano profondamente diversi tra loro, chiunque può osservarlo. Tranne gli animalisti. Gli animali, essi sostengono, non sono diversi: sono tutti uguali, e per giunta hanno uguali diritti, come gli esseri umani. Anzi, godono di diritti superiori all’uomo, che per le sue malefatte può esser condannato a morte, ma l’animale invece no: perché uccidere, dicono, «è nella sua natura», e gli animalisti la Natura mica la combattono. La idolatrano.  

Poi, però, nella pratica si comportano in modo ben diverso. 

Come usava nella fattoria di Orwell, gli animali sono sì tutti uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.  

L’orsacchiotto, mammifero, capace di posizione eretta, con membra di proporzioni così simili a quelle dell’uomo e una pelliccia che ne ricorda peluria e capigliatura, potrà mai essere imprigionato o giustiziato? Mai! 

Ma un’orata o una spigola? Incapace di intenerirci con infantili belati, imploranti guaiti o armoniosi cinguettìi, priva di braccia e gambe, glabra nel corpo sformato e lucente, senza una testa che possa definirsi tale, solita viver sott’acqua dove nessun uomo può sopravvivere? Quella è lecito ucciderla, imprigionandola nelle reti a migliaia o sterminandola con esplosioni sottomarine. 

Come definire chi riserva agli animali un così opposto trattamento a seconda della specie alla quale essi appartengono?

Noi li chiameremmo animalrazzisti. Nel migliore dei casi: mammiferisti. Sempre che il mammifero, s'intende, oltrepassi una certa dimensione. Per i topi, ahimè, valgono ancora trappole e veleni.  

 

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