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Inceneritori fai da te

Le fiamme si vedono fin da quassù, dove un particolare occhio di riguardo è sempre rivolto verso la città immeritatamente eterna, con divino zoom sulla nostra piccola rappresentanza terrestre in Vaticano. 

Roma brucia, manco fosse un immenso autobus dell'ATAC. Bruciano la Balduina, il Parco del Pineto, l'Aurelia ed i quartieri che la circondano. La popolazione è in fuga: raccoglie l'indispensabile e abbandona le case. Parrebbe d'esser tornati ai tempi di Nerone, se non fosse per il profumo di cinghiale arrosto o per il fatto che l'antico imperatore salutasse le fiamme suonando la lira, non ancora l'euro. 

Ignoti al momento i responsabili. Più d'uno, visto il numero di inneschi. Conosciutissimi, invece, quegli amministratori che ritengono inutile sorvegliare parchi e giardini, nel timore di disturbare le migliaia di persone che ci dormono, o di  interferire con la quotidiana attività di spaccio. 

È il terzo rogo, dopo Malagrotta (16 Giugno) e la Massimina (27 Giugno).  

La vicenda ci aiuta a comprendere le ragioni della romana decennale ostilità alla costruzione di un termovalorizzatore capace di trasformare i rifiuti cittadini (tanti) in energia elettrica (tanta). Perché affidare a sconosciuti l'incenerimento della spazzatura, quando è sufficiente uno straccio imbevuto di benzina e un fiammifero? 

Pazienza se il primo serve per costruire, e l'altro per distruggere. Roma vive di ruderi: quelli che siedono nei palazzi e quelli che suscitano l'interesse dei visitatori. E forse coltiva l'illusione che trasformare in nuovi ruderi scale mobili e stazioni di metropolitana, autobus e giardini, marciapiedi e strade, edifici pubblici e arredo urbano, ne accresca l'attrattiva turistica.  

 

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