I disinformati (e disinformanti) commentatori italiani parlano di «vittoria dell’estrema destra» e lanciano improbabili allarmi, azzardando discutibili paralleli tra lo Stivale e lo Stato teutonico.
Dovremmo cominciare col dire che un’«estrema destra» né esiste né può e potrà mai esistere, né in Germania né altrove. Perché quella stessa espressione è un ossimoro: una Destra che voglia chiamarsi tale non potrà mai essere «estrema», per il semplice fatto che una Destra o è moderata e conservatrice, o non lo è. E infatti, quando si parla di destra rivoluzionaria, riferendosi al periodo tra le due guerre si parla di «Fascismo», e ai giorni nostri, più propriamente, di «neofascismo». E neofascista Alternative für Deutschland certamente lo è. Più propriamente: neonazista.
Un’altra necessaria osservazione, che rende improponibile ogni parallelo tra Italia e Germania, è il fatto che la Repubblica Italiana è (almeno per adesso) uno Stato unitario, laddove la Germania è invece l’unione federale di 16 Stati. Con differenti origini, differenti orientamenti, differenti legislazioni, differenti religioni.
Ciò significa che, sotto l’aspetto istituzionale, è certamente possibile accostare la Germania agli Stati Uniti d’America, ma non avrebbe alcun senso paragonarla all’Italia.
Al netto di queste osservazioni, resta indiscutibile il fatto che le tante paure e incertezze del momento han preso stavolta in Germania la via delle urne. Come è d’altronde giusto che sia. Giusto ed anche provvidenziale se – come già accaduto in Francia – quel grido d’allarme può servire a risvegliare le forze politiche realmente moderate e a spingere il Paese verso una dignitosa via d’uscita.
Ma da dove nascono tante paure, da dove tante incertezze?
La fine dell’età industriale, la perdita di peso della grande siderurgia, l’avviata dismissione del motore a scoppio nei veicoli leggeri, la contemporanea chiusura delle centrali nucleari e del gasdotto russo... Tutti questi fatti sono andati sommandosi ai molteplici danni di un’immigrazione incontrollata, particolarmente invasiva lungo la direttrice che dai confini orientali conduce fino alle antiche aree produttive della Renania Settentrionale - Vestfalia.
Si tratta di un’immigrazione ben diversa da quella che preme sull’Italia. Varcare il confine terrestre è un piccolo spostamento alla portata di chiunque, non soltanto di quelle benestanti élites locali in grado di pagare dai due ai cinquemila euro la traversata in mare. È un’immigrazione fatta di fuggiaschi disperati e pronti a tutto, che di notte si accampano sulle strade dello shopping nei centri storici della grandi città. O nelle aree (in Germania un tempo di gran pregio) delle grandi stazioni ferroviarie.
La fine dell’età industriale ha reso di fatto inoccupabili e senza speranze queste sterminate masse di visibilissimi vagabondi, che con la loro sola massiccia presenza hanno in molte città non solo cancellato il turismo, ma costretto molti negozi alla chiusura. Il vertiginoso aumento delle tossicodipendenze e la nascita di una microcriminalità diffusa han reso di fatto impossibile, in molte località, effettuare pagamenti con carte di credito o di debito, che nessuno più accetta perché con buona probabilità false o rubate.
Senza una guida politica, le masse cercano facile soluzione al problema indicando l’uomo forte: quello «con gli attributi». E cercando fra i più urlanti chi quegli attributi dovrebbe averli più grossi, finisce col portare al potere l’attributo medesimo – il più grande – destro o sinistro che sia. Foss’anche un Putin di ritorno.
Non va infatti scordato che il potere, nell’Est Europa, ha quasi sempre cambiato targa ma non padrone. Quando la Fiat si stabilì in Polonia, le fabbriche che producevano Alfa e Cinquecento erano proprietà di un ex ministro comunista. Il quale, giusto per comunicare al mondo come cambiar partito non significhi cambiar vita, arredò i propri uffici in Varsavia con i ricchi mobili d’epoca all’uopo sottratti da quello stesso Ministero che lo vide un tempo servire il popolo. Ovverossia: se stesso.
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