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A Firenze, i maiali

A Roma i cinghiali, a Firenze i maiali. 

Come altro definire lo sparuto gruppuscolo di neoluddisti d’ultima generazione che, armato d’estintori carichi di vernice fluorescente ha dato ieri l’assalto a Palazzo Vecchio, edificio simbolo non solo della città ma del Rinascimento Italiano, finendo col lordarne i muri a propria immagine e somiglianza? 

Meraviglia e indigna la stupidità suprema di quei tardogretini – non si sa se più tardi o più gretini – che insistono nel voler identificare la Natura con l’Ambiente, nell’erronea convinzione che la difesa e la tutela del secondo coincidano con l’acritica idolatria della prima. 

Adorare la Natura – ossia tutto ciò che in questo Universo non è opera degli Umani ma di un’entità sconosciuta, sia essa il Kaos o una delle molte divinità che ne giustificano l’origine e l’esistenza – significa in sostanza combattere la Cultura, ossia tutto ciò che in questo Universo nasce all’opposto per mano dell’Uomo, in quell’eterna contrapposizione che vede Natura e Cultura leopardianamente in perpetua lotta tra loro. In un percorso di alterne vittorie e sconfitte che ha visto comunque migliorare nei secoli la condizione umana, ossia la capacità della Cultura di contrastare e contenere i continui attacchi della Natura: quel che, in una parola, ogni vero progressista ama definire «progresso». 

Diversa cosa è invece l’Ambiente, ossia il luogo fisico in cui a ciascun essere vivente (maiali inclusi) è stato dato di vivere, che è insieme il prodotto tanto della Natura che della Cultura. Le quali possono talvolta ritrovarsi in totale armonia, come in quegli antichi giardini e palazzi dove il naturale disordine della vegetazione lo si ritrova disposto in studiate forme geometriche a significare la composizione di ogni diseguaglianza in perfetta eguaglianza; oppure in sgradevole disarmonia, quando una delle due parti prende il sopravvento: come in quei villaggi fantasma fagocitati da una Natura che tenta di appropriarsene, o in quelle distese cementificate dove ogni traccia di Natura è stata deliberatamente cancellata. 

L’Ambiente, sia esso la casupola in cui viviamo o l’intero Universo, va ovviamente difeso e tutelato: neppure agli animali piace vivere in un luogo sgradevole, inospitale, insalubre. 

La Natura, invece, va tenuta a bada. Non solo per contenerne i mortali attacchi, dalle carestie ai terremoti, dagli uragani alle pandemie, dalle inondazioni al gelo, ma anche per piegarla alle necessità di una popolazione di otto miliardi di persone obbligata ogni giorno a curarsi, dissetarsi, nutrirsi. Alla qual cosa provvede la Cultura.

Confondere la Natura con l’Ambiente, come i pasdaran ambientalisti amano fare – e indisturbati fanno – a Firenze e altrove, è un errore che ha come inevitabile corollario quello di ritrovarsi a combattere quel che della Natura è per definizione l’opposto e più acerrimo nemico, ovverossia la Cultura. E ciò spiega tanto bestiale accanimento di costoro contro tutto quel che è opera dell’Uomo, a partire dalle più alte manifestazioni artistiche fino alle quotidiane regole di civile convivenza, come quel tessuto stradale che consente alle persone di muoversi in libertà. Bellezza, libertà e progresso che questi malpensanti han scelto di eleggere a propri avversari. In nome di un ideale millenarista che auspica il ritorno a una mitica età dell’oro in realtà mai esistita, che li porta a confondere il progresso col regresso. Come accade a chiunque pensi che l’oro abbia preceduto la pietra, e quindi il bronzo e il ferro, e che il retrocedere in direzione della pietra possa infine ricondurre all’oro, e non invece alla clava. In una «decrescita felice» che dovrebbe, nella loro mente occlusa, rappresentare il «vero progresso». 

Ovviamente così non è. Ma ancor più triste è che nessuno si occupi di spiegarglielo, e che troppe forze politiche li corteggino rafforzandoli (e rafforzandosi) nella convinzione che rimpiangere un inesistente passato fatto di mulini bianchi e antiche gelaterie sia infinitamente più comodo che non darsi da fare per trasformare il presente in un più luminoso futuro.

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