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Er ciuccio

Ormai prossima al traguardo dopo una campagna elettorale condotta a velocità supersonica, l’aspirante presidentessa del consiglio dei ministri solleva il piede dall’acceleratore e abbassa il tono di voce. O meglio: di Vox. 

Cerca di darsi un tono e un portamento più composto ed elegante. Ma nel ritrovato silenzio, ahilei, più alto risuona il raglio della scompaginata ciurma che la circonda. 

Dai brontolii della montagna parlamentare, ridottasi per autocastrazione a poco più d’una collina, ci si attendeva la nascita di due graziosi topolini. Ne son saltati fuori, inatteso prodigio, due ratti nerissimi e minacciosi: il vecchio collezionista di busti mussoliniani e un mancato frate, nostalgico delle oscurità del medioevo. Che vanno ad occupare il secondo e il terzo gradino del podio in cima al quale, per fortuna, ancora resta un esponente della specie umana: Sergio Mattarella. In attesa che l’annunciata riforma presidenzialista lo deponga. A lui soltanto, nei prossimi giorni, spetteranno l’onore e l’onere di dar vita al nuovo governo. Passando al setaccio i nomi suggeriti dall’apparentemente acquietata Sgarbatella.

Ringhia intanto la muta degli aspiranti ministri. 

Seppur ampiamente doppiati nella breve corsa elettorale, i compagni di scuderia dell’indiscussa vincitrice san bene d’esser pochi ma determinanti. E così, tra una rivendicazione e un ricatto, tra una lagnanza e uno strillo, pretendono di raccogliere assai più di quel che han seminato. 

Alla destra della Madre siede il ladrone buono, che pur di aggiudicarsi le briciole più grosse rinnega col rosario in mano i passati amori col dittatore della Piazza Rossa. 

Dal lato opposto sbraita il ladrone cattivo, che della Sgarbatella millanta d’essere non il modesto inserviente, ma addirittura il padre! 

Depredato nelle urne, dove a parità di voti ha raccattato meno seggi dell'altro ladrone, mentre pubblicamente disconosce il compagno di lettone della Piazza Rossa, privatamente ne rimpiange la cameratesca compagnia e ne tesse a gran voce le lodi, tra gli scroscianti applausi degli amici più fidati. 

Riuscirà l’aspirante presidentessa, con mattoni di tal fatta, a far dell’Italia un solido edificio?

Un buon governo dovrebbe somigliare a un buon motore d’automobile: silenzioso, efficiente, poco inquinante, a basso consumo. 

Guai se dovesse rivelarsi, come pare preannunciarsi, rumoroso, inefficiente, politicamente inquinante e per giunta dagli altissimi costi.  

Non potrebbero allora non riaffiorare alla mente i versi immortali di Trilussa, datati 1930: «Er Somaro, contento, fece un rajo, / e allora solo er popolo bestione / s’accorse de lo sbajo / d’avé pijato un ciuccio p’un leone!». 


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