È il primo provvedimento adottato dal nuovo governo.
Il Ministero dello Sviluppo Economico si chiamerà d’ora in poi «Ministero delle Imprese e del Made in Italy». Praticamente un ossimoro: chiedere aiuto a una lingua straniera per difendere le imprese ed i marchi italiani. Segno di sesquipedale ignoranza da abuso di tiktok.
Il Ministero delle Politiche Agricole diventerà il «Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare», fregiandosi dell’autarchico auspicio di un’Italia autosufficiente quantomeno sul piano alimentare. Legittimo obiettivo, per quanto realisticamente irraggiungibile.
Il Ministero dell’Istruzione aggiunge un vagone al treno e diviene «Ministero dell’Istruzione e del Merito». Presumibilmente alludendo, con l’ultimo sostantivo, a quella meritocrazia che la scuola italiana ha conosciuto soltanto sulle pagine del libro Cuore. L’augurio è che egli possa quanto prima smentire il primo assioma dell'istruzione in Italia: per quanto illustre e stimato sia il nuovo ministro, finirà col rivelarsi comunque peggiore di colui che l’ha preceduto. Così, almeno, è accaduto finora, da Vincenzo De Sanctis a Patrizio Bianchi.
Il Ministero della Transizione Ecologica cambierà invece in meglio: abbandonerà una denominazione priva di alcun senso compiuto («transizione ecologica»: un’ecologo che attraversa la strada?; un cambio di piano di studi, da Zoologia ad Ecologia?) per assumere la più dignitosa denominazione di «Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica».
Questi i primi atti di un governo al momento sicuramente progressista. se è vero che tutti han potuto osservare la presidentessa arrivare in Cinquecento ed andar via con l’Audi: progresso decisamente non da poco.
Se solo l’Italia crescesse in egual proporzione e misura, mai come stavolta il sol dell’avvenire parrebbe a portata di mano.
Domani alle ore 10:00 i nuovi ministri giureranno nelle mani del Capo dello Stato. Giureranno di essere fedeli alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le loro funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione.
L'augurio – e la speranza – del Paese, dell'Unione e del mondo, è che ne siano in grado.
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