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Insalata russa

C’è una sola novità, nel recente attacco al Quirinale per mano di un quotidiano non particolarmente apprezzato per l’attendibilità e/o l’imparzialità di quel che scrive. A differenza dei violenti improperi riversati in passato sul Colle dalla non immacolata bocca di Marija Zacharova, ministro russo degli Esteri (febbraio 2015, conferenza di Marsiglia), l’attacco avviene stavolta sul suolo italiano. 

Sempre per mano russa, è lecito supporre, ma affidato per l’occasione al bravo di turno: il quotidiano milanese «La Verità», non a caso traduzione letterale del social privato di Trump («Truth»), a sua volta ispirato dal sovietico «Pravda». 

I fatti. 

Una conviviale conversazione in ristorante – nel corso della quale un consigliere del Colle, Francesco Saverio Garofani, liberamente discetta sulle possibili ipotesi di un dopo-Mattarella – orecchiata per caso da un giornalista in libera uscita, artificialmente gonfiata a cento atmosfere assume presto le dimensioni di una mongolfiera, decollata a tutta pagina sulla sedicente Verità: «I consiglieri di Mattarella cominciano a tramare. Il piano del Quirinale per fermare la Meloni. Per impedire al centrodestra di rivincere nel 2027, al Colle lavorerebbero a un’ammucchiata ulivista».

Le menzogne.

Il «consigliere» (uno) vien presto biblicamente accresciuto e moltiplicato in «consiglieri». Quali? Forse gli altri commensali, intenti (come peraltro il giornalista) solo ad ascoltare? 

Così arbitrariamente pluralizzati, quei compagni di tavola non potrebbero star lì riuniti se non per «tramare». Tramare che cosa? Ma un «piano», ovviamente! E a qual fine? Ma è ovvio: «fermare la Meloni»!

Quel che il giornalista ignora (o finge di ignorare) è che se il il capo dello Stato davvero «tramasse» contro il ministro Meloni, tramerebbe in realtà contro se stesso. Dal momento che tutti i ministri, in Italia, non vengono eletti da nessuno. Sono scelti e nominati dal capo dello Stato, legati al Parlamento da un rapporto fiduciario che non può essere interrotto se non per mezzo di un voto di revoca da parte della maggioranza di Camera e Senato. 

E a qual fine, poi, tanto «tramare»? Per «impedire al centrodestra di rivincere nel 2017»! Ma «rivincere» che cosa, poi? Non certo un posto da ministro, carica – come detto – non elettiva. Qualche cuscino in Parlamento, forse. E per ostacolare un simile mirabolante premio, alla portata di qualsiasi cicciolina o ladruncolo in cerca di scappatoie, dovrebbe addirittura scomodarsi il capo dello Stato, nonché delle Forze Armate e della Magistratura? Alla vigilia di una lunga stagione di guerre?

Ci dispiace per i padroni della verità, ma nel dare addosso a Mattarella è persino più credibile la Zacharova. 

E più onesta. Colpisce anch’essa a vuoto, è vero. Ma, se non altro, non nasconde la mano. 


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