Chi vuol pubblicizzare un’automobile, un profumo o una merendina, stacca assegni a sei cifre per assicurarsi il volto di un’artista famoso o lo sfondo di un’opera d’arte o di un monumento con cui dar lustro e visibilità al proprio messaggio.
Per qual motivo, invece, chi pretende di utilizzare la Cultura – opera dell’uomo – a difesa non dell’amico Ambiente, ma di quella Natura che dell’umanità è all’opposto nemica giurata, può invece impunemente sfruttare per i propri fini, abusivamente e senza alcun costo, un patrimonio di beni e valori che appartengono a tutti?
Piace giocare facile, a questi che «ultima generazione» rischiano di diventarlo per davvero, se persevereranno nel voler cancellare il passato e distruggere il presente, incapaci come sono non solo di costruire ma persino di immaginare un qualsivoglia futuro.
Eppure, obbedendo a quella regola non scritta secondo la quale la comparsa di mille fessi genera automaticamente un furbo che ambisce camparci sopra, non poche decine di sedicenti benpensanti – il cui dovere dovrebbe al contrario essere quello (democratico!) di proteggere i beni della stragrande maggioranza dalle pazzie di altrimenti invisibili minoranze – son sorti dal nulla a lisciare il pelo alle scompaginate menti di questo pugno di disadattati profittatori.
Son convinti, i furbacchioni, che si possa un domani costruire una nuova maggioranza sommando i pochi voti di tante, tantissime minoranze.
Dimenticano, gli illusi, che le minoranze sono e restano tali proprio in quanto per loro natura litigiose, e dunque incapaci di trovare un pur minimo punto comune su cui potersi accordare. E quattro cavalli che tiran la carrozza in una sola direzione andranno sempre più veloci di cinquecento asini in corsa verso differenti mete.
Come ogni volta, puntualmente, le urne confermano.
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