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Meglio artificiale...

Se quella naturale consiste nell’illudersi che sia sufficiente un provvedimento amministrativo per arrestare un’evoluzione tecnologica che viaggia lungo il pianeta attraverso l’etere e la fibra ottica, cresce il sospetto che l’intelligenza artificiale non sia poi così tanto indietro rispetto al modello originario che si propone di imitare. 

A pensar norme di tal fatta, come spegnere l’interruttore italiano di ChatGPT, son quelle medesime intelligenze paranaturali che credono di poter fermare i barconi per decreto, pur di non applicare le leggi già da tempo vigenti, o di inventarsi l'inesistente reato di rave, pur di non contestare i crimini già oggi punibili di occupazione abusiva, spettacolo non autorizzato, commercio illegale, evasione fiscale, mancato rispetto delle norme di sicurezza e via delinquendo, o di minacciare centomila euro di sanzione a chi eccede nell’uso di parole straniere, underdog e made in Italy inclusi.

La ridicola inutilità del provvedimento antisoftware discende da due sesquipedali errori: 1) credere che il solo spacciatore al mondo di intelligenza artificiale sia ChatGPT, mentre non è che il più popolare tra decine di altri programmi AI già operativi ed altri fase di avanzata sperimentazione; 2) l’ignoranza dell’esistenza di banali strumenti, come le reti VPN, che consentono a chiunque di bypassare i provider italiani ed accedere in modo anonimo a ChatGPT come se ci si collegasse dall’estero. 

C’è qualcosa accomuna questi quattro fulgidi esempi di analfabetismo naturale, ed è la malcelata volontà di utilizzare la legge non tanto per regolare l’esistente, ma per tentare di assumerne il controllo a proprio personale vantaggio. 

Così come le luci delle città han reso invisibili le lucciole, una superlegge come il decreto rave, il divieto di salvataggio multiplo in mare e l’autarchia linguistica hanno oscurato ogni precedente legislazione in materia, giustificandone la disapplicazione.

È l’ideale del Gattopardo, del cambiar tutto perché nulla cambi. Che si tratti della spartizione del pubblico demanio, o dell’istituzionalizzazione dell’impunità fiscale, o della difesa di una sostanziale e diffusa «libertà» di delinquere. 

Che i conservatori stian lì per conservare, lo dice la parola stessa. E ci può stare. Ma c'è modo e modo. 

Come ogni forma di intelligenza naturale sarebbe in grado di consigliare, un conto è conservare le cose buone e buttar via quelle andate a male, un altro è tenersi strette le cose inutili e gettare a mare le cose belle.

Col primo metodo si costruiscono le regge, col secondo le discariche. 

La differenza non è da poco.

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