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Fuori dalla trincea

Dove altro avrebbe potuto annunciarla, se non dall’Annunziata, la mossa che tutti gli uomini di buona volontà si aspettavano? 

Alle 14:45 di questo pomeriggio, ospite a «Mezz’ora in più», Carlo Calenda ha scaricato su Letta un intero fucile caricato a vaffa, prendendo le distanze da un patto che non prevedeva inizialmente la presenza in lista di nemici dichiarati del Paese e del mondo come Frate Gianni e Porelli, per non parlar delle «frattaglie» già in coda alla ricerca di uno strapuntino purchessia. 

Malmenato dagli iscritti, col capo coperto di cenere, sommerso da un mare di tessere stracciate, preso per il naso (a voler essere gentili) dal cerimonioso Letta, abbandonato da piùEuropa (= menoCalenda), il centrocampista ha sbattuto la porta e si è liberato dalle catene di chi lo avrebbe voluto veder marcire in trincea impegnato a resistere, anziché sul campo a combattere. 

Che quella di Calenda sia stata la mossa giusta, lo dimostra la reazione scomposta di Enrico Letta e dei suoi fedelissimi.

Alle parole di un Calenda che in tono sereno espone educatamente il suo proposito («Non intendo andare avanti con questa alleanza»), Enrico Letta perde le staffe fino ad additare come populista (in lingua italiana: demagogo) il buon Calenda, rinfacciandogli di non aver onorato quel patto che lo stesso Letta ha invece infranto, invitando al tavolo della coalizione due impresentabili nemici del popolo.   

Seguono a ruota i palafrenieri in calce e pennello: Marco Meloni («Calenda vuol consegnare l’Italia alle destre alleate di Putin e Orban». Due volte falso: nessuno vuol consegnare l’Italia alle destre, peraltro non tutte putiniane e orbaniane); Lia Quartapelle («Calenda calpesta il vero lascito dell'esperienza Draghi: cioè unire posizioni diverse per ricostruire l’Italia». Falso, unire posizioni diverse è altra cosa dall’arruolare forze politiche avverse al solo scopo di limitare i danni); Piero Fassino («Da Calenda una decisione irragionevole e foriera solo di esiti negativi». Falso: è una decisione che nasce come sola possibile risposta a una mossa non concordata del piddì); Alessandro Zan («Non mi sarei aspettato una tale mancanza di serietà da parte di Calenda. Rompendo l'alleanza dà una grande mano alla destra che guarda a Putin e Orban. Il Pd sarà comunque più forte di questi egoismi e di questa cialtroneria». Falso e maleducato); Simona Malpezzi («Carlo Calenda ha rinnegato la parola data: le prossime elezioni saranno una scelta di campo tra un'Italia tra i grandi Paesi europei e un'Italia alleata con Orban e Putin». Due volte falso: la parola l’ha rinnegata Letta e con Putin ci sta una buona metà del piddì, oltre a certi alleati); Debora Serracchiani («Calenda ha cambiato idea. Noi consideriamo il suo ripensamento incomprensibile e sconsiderato». Falso: il ripensamento è stato considerato anche troppo a lungo, seppur vi sia chi ancora non è in grado di comprenderlo).

Altre dichiarazioni pioveranno nei prossimi minuti e nelle prossime ore. La specialità del piddì (questa sì di stampo putiniano) è quella di tentar di umiliare gli avversari sommergendoli di falsità ed attacchi propagandistici. 

L’invito di Calenda ai suoi è quello di non cadere nel tranello («Chiederei per cortesia a tutti i sostenitori di Azione di non rispondere agli attacchi. Adesso c’è solo lavoro da fare. Non ho alcuna acredine nei confronti del Pd. Solo il dispiacere per un’occasione mancata. Forza e onore»).

Incomincia la corsa. In campo aperto, lontano dal puzzo delle trincee.  

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