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Il ciarlatano

Quando qualcuno si degnerà di presentare a Donald Trump la somma dei danni che egli ha arrecato alla nazione, insieme all’agonia del dollaro e allo smagrimento dei mercati non passerà inosservato il crollo del turismo estero. 

New York o Las Vegas, grazie al Pannocchia, hanno oggi lo stesso richiamo turistico di una Mosca o di una San Pietroburgo. 

Si salvano – per adesso – grazie ai visitatori dei cinquanta Stati e alle vecchie prenotazioni già in essere. Ma chi, oggi, in Europa, sogna e progetta un periodo di vacanza negli States? Andare a far visita in casa di persone che ti riempiono di ingiustificati insulti e addirittura pretendono la restituzione di denaro che non gli è in alcun modo dovuto?

E se tanta demotivazione vale per gli Europei, figuriamoci per Asiatici, Africani o Sudamericani, costretti a considerare tra i rischi quello d’essere incarcerati per tentata immigrazione irregolare!

Il turismo è la prostituzione degli Stati: quando una nazione si fa bella e decide di vendere non un proprio prodotto, ma se stessa. Con tutte le bellezze che possiede, naturali o artificiali che siano: gli straordinari paesaggi, le opere d’arte sopravvissute ai secoli, le architetture più strabilianti e ardite, il divertimento organizzato e assicurato. 

E la prima regola di ogni prostituzione, come ben sa chi è vecchio del mestiere, è quella di rendersi il più possibile attraenti: belli, profumati, disponibili, accomodanti, gentili.

Bene. Quale di questi aggettivi meglio si addice ad un’America snaturata in pochi mesi dai deleteri intrugli che il vannamarchi di Washington spaccia sulla pubblica piazza, decantandone le magiche quanto inesistenti qualità?

Bella, l’America, lo è certamente oggi meno di ieri; profumata tampoco, con le centrali a carbone pronte a ripartire; disponibile non certo, anzi: scostante; accomodante manco se ne parla; gentile ancor meno. 

È una bellezza svanita e ingrugnita che non soltanto rifiuta di baciarti, ma pretende d’esser baciata. E tralasciamo dove. 

Non c’è fila, davanti a quel portone ogni giorno più serrato. Come non ce n’è a Pyonyang, a Novograd, a Beirut, a Teheran, a Lagos... 

Neppure Hollywood riesce più a immaginare e raffigurare una bellezza ormai dissolta. Nemmeno l’arte e la musica. E non è un segno di progresso.

Make America Alone Again, è forse il sogno più segreto dell’infelice despota dal sempre più bianco e diradato ciuffo.

Un essere spregevole che solo, ma per davvero, nella sua vita lo è sempre stato. 

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