Sì. Se quella nazione è l’Italia e quella parola è «riarmo».
E neppure si riesce a comprenderne il motivo, dal momento che il termine «riarmo» nasce dalle ceneri di quell’opposto «disarmo» che i Trattati di Parigi imposero nel 1947 ai Paesi alleati della Germania: Italia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Finlandia, insieme all’obbligo di deporre le armi e smobilitare le difese militari.
La Germania, poi, principale responsabile del conflitto, non soltanto fu completamente disarmata, ma anche divisa in due differenti Stati sotto il diretto controllo delle potenze vincitrici.
I Paesi europei dovrebbero gioire del riconquistato diritto a riarmarsi davanti alla crescente minaccia russa e al disimpegno americano. Due incontestabili fatti che, in poco più di un mese, hanno irreversibilmente minato la protezione militare fin qui garantita dall’adesione italiana alla NATO.
Neppure c’è da meravigliarsi del fatto che primi tentativi di riarmo europeo abbiano visto in prima fila coinvolte la Francia (dove quei Trattati furono siglati) e la Germania, unica nazione totalmente disarmata. Con il crescente coinvolgimento di una Gran Bretagna fermamente intenzionata ad opporsi tanto ad un Putin voglioso di rafforzarsi sui mari che ad un Trump pronto ad invadere il reame britannico del Canada.
È un’occasione storica, quella oggi offerta all’Unione Europea di superare le limitazioni imposte dai Trattati e ricostituire una propria capacità di deterrenza militare. È una forte spinta che potrebbe accelerare il processo di unificazione politica delle nazioni europee, imprescindibile al fine di assicurare ad un possibile esercito europeo una comune linea di comando che, a sua volta, necessita di una comune politica estera.
Il fatto che la confederazione in una sola nazione dei ventisette Paesi dell’Unione non sia un obiettivo realisticamente raggiungibile nell’immediato, non può che rafforzare l’idea di dar vita a un primo embrione di Stato Federale che nasca accanto all’Unione, piuttosto che invece dell’Unione: una Quarta Europa che cresca parallelamente alle altre tre: l’Unione Europea, l’Eurozona, l’Area Schengen.
E così come a quelle altre Europe non tutti i Paesi del continente sono tenuti ad aderire, anche la Quarta Europa potrà nascere per mano di quelle sole nazioni che liberamente decideranno di farsi Stato, aperta – come le altre tre unioni – anche a nazioni extracomunitarie come il Regno Unito, la Norvegia, l’Islanda, la Svizzera...
Tutti gli adulti nascono bimbi, e così gli Stati.
Se una Quarta Europa dovesse prender vita per mano di tre, quattro o cinque Paesi, sarà comunque una cosa buona. Sarà uno Stato inizialmente minuscolo, ma comunque più vasto e politicamente rilevante delle altre singole nazioni dell’Unione.
E se il seme dovesse rivelarsi buono, ed il terreno propizio, non potrà che crescere.
E diventare, finalmente, adulta.
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