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Scherzo di Carnevale

Colto di sorpresa! Forse il cazzar di tutte le Russie si attendeva che fosse Amadeus a recapitare a Zelensky un telegramma di Biden, mentre tappezzava Mosca e Pietroburgo di manifesti patriottici in vista delle celebrazioni per le eroiche azioni dell’Armata Rossa – alimentata a vodka – in Ucraina: un anno di stupri, torture, stermini, furti, distruzioni, rapine, dettagliatamente testimoniati dal tenente dimissionario Konstantin Yefremov, schifato da quella sanguinaria invasione che fotografa come «la vicenda di un comico che diventa un vero presidente e di un presidente diventato un comico».

Ma a carnevale ogni scherzo vale. Così, anziché un messaggio in bottiglia, è giunto ieri a Kiev il presidente Biden in persona, scompaginando le scalette dei canali televisivi russi, costretti a dar fondo al barile delle menzogne per oscurare l’inatteso quanto eclatante evento.

Festa rovinata, per i gerarchi moscoviti.

«Biden come Hitler», sostiene il politologo Mikhail Tiurenkov, indignato perché due capi di Stato di due libere nazioni si incontrano e dialogano tra loro. Quasi fosse stato Biden, novello Hitler, a invadere la Polonia, e non invece Putin l’Ucraina: paese confinante 28 volte più piccolo. 

Rincara la dose il ministro degli Esteri Lavrov: «l’Occidente vuol ripetere la triste esperienza di Napoleone». Scordandosi che in quel profetico 1812 fu l’invasore francese, entrato in Russia con 600.000 uomini armati, ad essere sconfitto da un popolo scalzo e affamato, ma pronto a difendere coi denti la propria terra. 

La mossa di Biden scompiglia le carte in tavola: la Cina è costretta alla prudenza, la Gran Bretagna svanisce sullo sfondo, la Russia accusa il colpo, i paesi europei, chiamati a nuove responsabilità, ne escono ridimensionati. E il gioco torna nelle mani di Washington.  

Negli anni Settanta, quando spettò all’America, in Vietnam, recitare il ruolo dell’invasore, un solo grido accomunò i giovani delle due sponde atlantiche: «Yankee go home!». Incarnandosi in film come «Hair», nelle tante canzoni di protesta, nelle parole dei johnlennon e dei giannimorandi. 

Il gigante fu sconfitto. E due miliardi di persone, dalla Cina allo stesso Vietnam, seppero trasformare quella pace così duramente conquistata in diffuso benessere, in autentico progresso.   

Oggi, a parti invertite, è dai giovani russi che attendiamo di udire quel medesimo grido: «Путину, идти домой!». Putin, torna a casa!

Come ci tornò Napoleone. Come ci tornò Hitler.

Spetta ad essi innalzare al Cielo la voce dei giusti, fino a coprire gli strepiti di un dittatore vigliacco e impotente. 

In una Russia dove oggi, come già ieri negli USA, è mille volte più coraggioso disobbedire che non obbedire.

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