È convinto di averne diritto. Non certo perché abbia vinto, ma perché ha perso meno del temuto. E batte cassa e grancassa pretendendo conseguente sistemazione per sé e per i suoi.
Il petto se lo gonfia da solo, avendoglielo preventivamente sgonfiato gli elettori: dal 17,5% del 2018 all’ 8,78% del 2022, passando per il luminoso 34% delle europee (2019). Ma la magia del Rosatellum gli ha regalato comunque 96 seggi tra Camera e Senato, poco meno dei 109 del piddì, che pure ha rastrellato oltre il doppio dei voti.
Il trottolone ha tuttavia fatto i conti senza l’oste, che risponde in questo caso al nome di Mattarella. Per quanto egli pietisca accovacciato sull’uscio di casa Meloni, non spetta certo alla sgarbatella il compito di fabbricare ministri, quanto piuttosto al capo dello Stato. Come da art. 92 della Costituzione: «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri».
Per cui, quand’anche la Meloni dovesse ricevere l’invito a presentare una sua squadra, niente impedirebbe al capo dello Stato di spedire un Salvini viminaleggiante a far compagnia a quell’altrettanto impresentabile Paolo Savona, in assetto antieuro, sonoramente bocciato nel 2018.
Rischio concreto di un incidente in partenza di dimensioni tali da giustificare ogni tentativo della sorella d’Italia di liberarsi dell'ingombrante alleato desideroso di infiltrarsi nel nuovo governo.
Non invidiamo la novella Cleopatra che, prima ancora di dare inizio al regno, di serpenti al collo mostra già d’averne ben più di uno.
Per non parlar delle trottole fra i piedi.
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