Passa ai contenuti principali

Mele bacate

Putin contro resto del mondo. Secondo tempo. Costretto all’angolo dalla lepre ucraina, l’orso russo reagisce scompostamente e annuncia con un discorso alla Nazione una significativa escalation nell’occupazione militare del Paese confinante, mobilitando trecentomila riservisti per «difendere la Russia dal ricatto nucleare dell’Occidente». 
Il quale Occidente a tutto pensa meno che a sprecare prezioso uranio per far del male a chi il male ha già ampiamente dimostrato di saperselo fare da sé. 

Forse offeso per il mancato invito alle onoranze funebri della casa regnante inglese, il folle dittatore conta di rifarsi seppellendo 300.000 giovani russi. Che andranno ad aggiungersi agli altri 55.000 uccisi finora non soltanto dai colpi della resistenza ucraina, ma anche – e soprattutto – dalla fame. Mandati a morire senza cibo sufficiente né adeguato equipaggiamento. 

La nuova provocazione è ben congegnata: dopo aver etichettato come territorio russo le provincie annesse con un referendum farlocco in puro stile Crimea, ogni successivo tentativo ucraino di riconquistare le terre sottratte non sarà più catalogato come guerra di liberazione, ma come guerra di aggressione. Giustificando in tal modo qualsiasi reazione da parte del Cremlino. 

Un piano del genere potrà forse far saltare di gioia molti «pupazzi prezzolati» nostrani, figli di un’Italia che non ha mai terminato una guerra coi medesimi alleati con cui l’aveva iniziata, ma non potrà non attendersi la reazione di quelle nazioni armate che già da qualche tempo vanno preparandosi a scontri ben più ampi, che solo un convinto e deciso impegno da parte della Cina potrebbe in qualche modo evitare. 

Pronto ad agire è il nuovo esecutivo britannico, impensierito dalle malcelate ambizioni russe sul Mar Nero e sul Baltico. E così anche il Pentagono, il solo a possedere un quadro preciso delle reali potenzialità militari del nemico. L’Unione Europea, schierata ma – Francia a parte – praticamente disarmata, non può che affidarsi all’alleanza atlantica, impossibilitata tuttavia per statuto a sferrare il primo attacco.

La domanda è una soltanto: può il mondo intero rischiare di saltare per aria per le smanie di un vecchio insoddisfatto impazzito e incapace di godersi la vita? 

C’è una splendida vignetta di Emilio Giannelli, sul Corriere di oggi, che riassume magnificamente la situazione: un pianeta a forma di mela (il nostro) e un verme col volto di Putin che lo infetta, sbucando minaccioso da sotto gli Urali. 

Se la mela è bacata, è giusto lasciare che il baco se la mangi per intero o è meglio liberarsene e salvare in tal modo la parte sana del frutto, fintanto che è la maggiore?

Occorre trattare la pace, è il grido che quotidianamente giunge sino al Cielo. Ma trattare chi e con chi?  

Il lupo può facilmente trattare col lupo, e l’agnello con l’agnello. Più difficile è per l’agnello trattare col lupo. 

Soprattutto quando questo ha già pian piano cominciato a sbranarlo.

Commenti

Post popolari in questo blog

Elogio del «Non ancora!»

Se solo gli umani sapessero quanto tutto quel che più li preoccupa appaia più chiaro, visto da quassù!  C'è voluta qualche decina di migliaia di anni prima che i terrestri accettassero l'idea che la Terra fosse tonda (e molti ne restano ancora da convincere). A noi, da quassù, è sufficiente affacciare il naso  fuori  dalla nuvola per osservare il pianeta ruotare maestoso nel cielo.  Allo stesso modo ci stupiamo nel vedere i suoi abitanti consumare in sterili diatribe buona parte delle loro altrimenti fortunate esistenze.  Ed è buffo che spetti a noi, che vivi più non siamo, insegnare come vivere ai viventi!  Non meravigliatevi dunque se tra i nostri compiti vi è anche quello di elargire di tanto in tanto qualche angelico consiglio.  Il suggerimento di oggi è che gli umani aboliscano definitivamente l'uso del SÌ e del NO. Causa prima e perniciosissima di gran parte dei loro mali.  Dicono i Romani (queli de Roma, no' queli de Caligola): «Con un SÌ ti impicci, con un NO ti

La Quarta Europa

Mentre dalle frontiere ucraine i venti di guerra bussano prepotentemente alle porte, l’Unione Europea – o, per meglio dire, alcuni degli Stati membri, in particolare la Francia – avvertono l’urgenza di rafforzare la difesa europea, più che dimezzata dopo la Brexit e frantumata in 27 eserciti che non comunicano tra di loro. Uno solo dei quali (quello francese) dotato di armamenti moderni e basi all’estero, ed altri – come in Italia e in Germania – ancora limitati dai trattati di pace del 1947. A voler parlar sinceramente, una vera Difesa Europea non esiste. Esistono eserciti nazionali, mal coordinati ed in diversa misura armati. Forse capaci di distinguersi in circoscritte missioni di pace o di ordine pubblico, ma non certo in grado di rispondere in modo efficace alle crescenti minacce di una o più grandi potenze nucleari.  Come di fatto in questi giorni avviene.  Esiste una NATO, certo: un’alleanza difensiva sovraeuropea mostratasi in grado di proteggere il continente per un tempo fin

Dieci sconfinate menzogne

1) Le frontiere fra nazioni non hanno più alcuna ragione di esistere. Chi davvero lo pensa, dovrebbe per coerenza lasciare aperto di notte il portone di casa.  Quel che fa di un edificio un’abitazione son proprio le presenze umane che lì ci vivono, e il portone di casa è il limite che segna il confine tra il mondo di dentro (tendenzialmente amico) e il mondo di fuori (tendenzialmente nemico).  Starsene in casa propria non significa però autocondannarsi agli arresti domiciliari. Il portone lo si apre più d’una volta: per accogliere le persone gradite che vengono a farci visita, ma anche chi lo varca per ragioni di lavoro, dal portalettere all’idraulico. Talvolta anche per il mendicante che bussa alla porta in cerca di qualche elemosina.  Resta però ben chiuso di fronte a chi pretende di entrarvi di nascosto e con la forza. Peggio ancora se nottetempo, dal balcone o dalle finestre.  C’è un campanello. Suonarlo significa chiedere il permesso di entrare. Concederlo o meno, resta una prerog