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«Denazificare» Kaliningrad?

C'è un brandello di Russia conficcato nel bel mezzo dell'Unione Europea, tra Lituania e Polonia: un corpo estraneo che i confinanti vivono col medesimo entusiasmo che riserverebbero a un foruncolo fra le chiappe, o a un sassolone nelle scarpe, o a un'unghia incarnita. 

Si tratta della regione russa di Kaliningrad: 15.125 kmq che ospitano circa un milione di abitanti, la metà dei quali residenti nell’omonima città un tempo tedesca (l’antica Könisberg), rasa al suolo e poi occupata dall’URSS nel 1945. La regione è affacciata sul mar Baltico per circa 150 km, confina a nord e ad est con la Lituania per circa 190 km e a sud con la Polonia per circa 205 km. 

L'importanza strategica di questo straccio di territorio non consiste soltanto nella possibilità di mantenere una parte della flotta russa sul Baltico, ma anche nella posizione centrale rispetto all'UE, tenuta costantemente sotto mira da una delle più vaste stazioni missilistiche nucleari del Cremlino.

Se questa zolla di terra ha in questi giorni conquistato le prime pagine dei giornali, è perché i permalosissimi gerarchi russi si sono violentemente inalberati di fronte al divieto di transito verso Kaliningrad di quelle merci tuttora sotto sanzione europea, condendo come di consueto l'insoddisfazione con esplicite minacce militari: «conseguenze che avranno un impatto negativo sulla popolazione della Lituania».  

Che le rimostranze russe siano assolutamente pretestuose, tese a suscitare l'incidente, lo dimostra il fatto che quelle stesse merci vietate via terra potrebbero persino più facilmente raggiungere Kaliningrad per via mare o per via aerea. Pretendere che Polonia e Lituania infrangano le sanzioni europee per ingrassare l'arsenale che i Russi gli vanno allestendo sotto casa, sarebbe come dar loro dei fessi. Ai massimi livelli.

Stupisce l'indignata e rabbiosa reazione di Putin. Eppure, ragionando col suo metro, un territorio prussiano e poi tedesco sin dal 1255, invaso dai Russi nel 1945, dovrebbe essere al più presto «denazificato» e restituito alla Germania, non meno di quanto la Crimea debba essere consegnata alla Russia! Se le menzogne del Cremlino non fossero a senso unico.

Il sospetto è che la vicenda nasconda qualcosa di più: l'intenzione di impadronirsi a breve del mar Baltico (di cui Kaliningrad è il solo porto praticabile nella stagione invernale), dopo aver fatto proprio il mare di Azov. Il fine ultimo sarebbe quello di porre la Russia in grado di armare quella grande flotta che non ha mai avuto, non disponendo di porti e di ricoveri sicuri. 
Una ragione in più per fermare al più presto i barbari aggressori. 
 

  
 

  


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