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Il pericolo numero uno

E fu così che il Ministro della Difesa di Se Stesso – ma non da se stesso – la mollò lì, in coda ad una succinta intervista concessa al maggior quotidiano del Paese. Alla domanda se le lungaggini amministrative che impantanano il PNRR rappresentino o no in questo momento il maggior pericolo per l’Italia, lungi dal dare una risposta ha preferito toglier la sicura alla granata: «L’unico grande pericolo è quello di chi si sente fazione antagonista da sempre e che ha sempre affossato i governi di centrodestra: l’opposizione giudiziaria». In cauda venenum . Sette pesantissime menzogne in una botta sola: la Magistratura non è uno dei tre poteri dello Stato, pari grado del Parlamento come del Governo, ma una «fazione». Per di più «antagonista», e non da oggi ma «da sempre». Il suo compito istituzionale non è quello di applicare la legge ma di «affossare i governi», e non tutti: solo quelli di «centrodestra». E non talvolta, ma «sempre». Operando in tal modo come una vera e propria forza poli...

Due buone riforme

Se nessuna repubblica parlamentare al mondo prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri, una ragione dovrà pur esserci. E consiste nel fatto che un governo elettivo sarà sempre e comunque, per sua stessa natura, al servizio di chi lo ha eletto, piuttosto che del bene comune della nazione.  Quando nella Storia recente si è reso urgente e indispensabile procedere alla nomina di governi «tecnici» (per meglio dire: indipendenti) ciò è accaduto proprio perché l’interesse di parte (dei partiti) aveva momentaneamente preso il sopravvento sull’interesse collettivo, ponendo a serio rischio il futuro dell’Italia.  Nessun governo «tecnico» sarebbe mai potuto nascere in presenza di un governo politico credibile, capace di ottenere la fiducia del Parlamento. Fiducia che la dilettantesca proposta di riforma istituzionale dell’attuale maggioranza si propone di forzare grazie ad un premio che regalerebbe il 55% dei seggi a quella lista che dovesse affermarsi nelle ele...

Salviamo le loro vite

Un’altra giovane donna uccisa. Per mano di un giovane ragazzo nel quale continuava a riporre fiducia, dopo una relazione, due volte spezzata, apparentemente ricondotta ad un’innocua cameratesca amicizia.  Son più di cento, dall’inizio dell’anno in Italia, le donne assassinate dai mariti, fidanzati o compagni, ma nessuno di quegli efferati omicidi ha suscitato nel Paese un’emozione tanto vasta, condivisa e profonda come il gesto di Filippo Turetta, studente, ai danni della sua ex Giulia Cecchettin, laureanda.  Le immagini della casa della vittima – letteralmente sommersa da mazzi di fiori, lumini, pupazzi, messaggi come nessun’altra prima – le manifestazioni spontanee in piazza, le commosse dichiarazioni d’affetto, l’immediata reazione non solo da parte delle consuete associazioni di settore, ma anche delle maggiori forze politiche, la capacità di scalzare dalle prime pagine dei giornali persino gli avvenimenti bellici, fanno di questo femminicidio un caso del tutto a sé. Diffe...

Le dita nella marmellata

Quando un bimbo malnutrito riesce a posare infine le mani sul barattolo della marmellata, il primo istinto è quello di nasconderlo ben bene per poi saziarsene a volontà, condividendone giusto qualche cucchiaiata con gli amici più intimi ed i parenti più stretti.  Il secondo istinto è quello di far sì che il dolce barattolo duri quanto più a lungo possibile, e che ad esso ne seguano altri sempre più dolci e più grandi. Tanta è la fame arretrata.  È una regola che vale per i bimbi, ma anche per le bimbe. Vale per la marmellata di fragole e lamponi, ma anche per quella di meloni.  Così, accanto alla traballante campagna elettorale europea che vede marciar sparpagliati i diversamente alleati partiti di governo, si è aperta con gran strepito la stagione di caccia alla marmellata. Anzi: alla fabbrica stessa della marmellata. A quella Presidenza della Repubblica che, investita dal Parlamento sovrano, sceglie e nomina i ministri che compongono il Governo, a partire dal primo: «Il...

La nonna di tutte le riforme

Esistono diverse specie di fame.  C’è la fame di cibo, che è la più facile da soddisfare: basta mangiar qualcosa, e si è subito sazi.  C’è poi la fame di denaro, più difficile da placare. Eppure anch’essa ha un limite, oltre il quale è il medesimo arricchito a devolvere parte dei propri averi in beneficenza: un po’ per spegnere l’invidia dei morti di fame come lui, un po’ per limar la punta a quel coltello che ogni potenziale erede stringe tra le mani.  C’è infine la fame di potere: questa sì, insaziabile. Non solo perché senza limiti su questa Terra, ma perché insinua nell’affamato l’illusione di potersi guadagnare una qualche vita eterna oltre la morte, di continuare ad esistere sotto forma di lapidi, statue, pagine di Storia, celebrazioni biografiche, intitolazioni di piazze e strade, narrazioni cinematografiche, citazioni illustri nei discorsi dei governanti che verranno.  Ignorano, i poveretti, che i grandi personaggi consegnati alla Storia hanno il più delle vo...

Questioni di civiltà

Chi piange la fine di tanti innocenti sotto le macerie della città di Gaza, dovrebbe anche meditare su quali strumenti possano oggi consentire a chi attacca di discernere i civili dagli incivili.  In una vera guerra fra Stati, esistono le insegne, le uniformi, le divise: gli stendardi e gli elmi piumati degli antichi eserciti, un simbolo sulla coda di un aereo, una mostrina sul petto, la bandiera a poppa della nave.  Persino i popoli primitivi, quando combattevano nudi, usavano dipingersi il corpo, o gli scudi, per distinguersi dal nemico. E anche un incontro sportivo tra professionisti non sarebbe che una partitella fra amici, se le squadre avverse non indossassero ciascuna i propri colori.  Finanche i capi di Stato, ultimo Zelensky, vestono abiti consoni quando il Paese è in guerra.  Solo i vigliacchi e le spie, usi a colpire di nascosto e a tradimento, evitano con cura di mostrare alcun segno distintivo. Come i mercenari in Crimea nel 2014, privi di alcuna insegna...

Sette menzogne contro Israele

1. Israele reagisce in modo sproporzionato all’attacco del 7 Ottobre. Quel giorno di primo autunno lo Stato di Israele ha subito non soltanto un attacco terrorista, ma un’offesa e uno sfregio.  Se la doverosa risposta a un attacco è un contrattacco, ad uno sfregio si risponde con un maggior sfregio. Come oggi si profila (e quale infine sarà) la distruzione della città di Gaza, maggior centro abitato nella Striscia e sede del governo locale di Hamas.  Lo impone il testo sacro di Israele, la Bibbia: non l’evangelica altra guancia, ma il biblico occhio per occhio e dente per dente.  Una reazione proporzionata ad un gesto smisurato, è una risposta altrettanto smisurata. Chi ha acceso un fuoco così grande da non poter essere controllato, non si meravigli poi se quel medesimo fuoco finirà col divorarlo.   2. Israele opprime ed affama i Palestinesi della Striscia di Gaza.  Falso. Sin dal 2005, cacciati con la forza per mano di Israele gli ultimi insediamenti ebraici ne...