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Uguale per (quasi) tutti

Che governo e magistratura di tanto in tanto si azzannino, ci può anche stare. Si tratta dopo tutto di corpi «separati» dello Stato: esatto contrario di «uniti». Occorrerebbe tuttavia aggiungere che, in virtù della medesima tripartizione dei poteri, i magistrati sono figure istituzionali di pari grado tanto dei ministri che dei parlamentari. Meritevoli dunque di pari rispetto. Da parte dei primi come dei secondi.  È stato invece sufficiente il vago aleggiare di alcuni tenui sospetti circa le possibili malefatte di qualche membro del governo o dei familiari di qualche parlamentare per scatenarne a un tratto la scomposta quanto irragionevole ira.  Una cruda manifestazione di rabbia plebea, non dissimile da quella del ragazzo di strada colto sull’autobus senza biglietto e che però, lungi dal mostrare segni di pentimento, alza la voce (e talvolta le mani) sul malcapitato controllore, sputando sulla divisa e disconoscendone l’autorità.  Ha aperto le danze la botticelliana mini...

Odor di santità

Non esistono verità assolute, è vero, ma esistono verità relative. Eccome.  Nessuno è legittimato a criticare il modo in cui una persona si veste o si pettina, ma se quella dovesse presentarsi a un ricevimento di nozze in ciabatte e bermuda, chiunque avrebbe pieno diritto di storcere il naso.  Dopodiché la palla passerebbe al ciabattato, il quale potrebbe: a) abbandonare il ricevimento; b) insistere nel proprio comportamento, sicuro com’è che l’abbigliamento inappropriato sia quello degli altri, non certo il suo.  È un reato penale scordarsi la cravatta a casa? No. Non lo è neppure presentarsi in jeans in un’aula parlamentare, o in chiesa con scollature ombelicali, o in barca con scarponi da montagna, o sul campo da golf senza colletto. Non è un reato penale. Si tratta di pura e semplice maleducazione, aggravata da un’ostentato disprezzo per il prossimo, prima ancora che per le regole. Peggio ancora se esibito da persone che sarebbero le prime ad inalberarsi se, giusto a...

Santa de che?

Esiste qualcosa che meglio del martirio possa rendere ancor più santo un santo? Vale anche per le sante. Come sembra aver ben compreso l’italico ministro alla Primavera, colto al volante di alcune spericolate gimkane aziendali che poco attendono al giuramento compiuto di «essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi […] nell'interesse esclusivo della Nazione». Dove l’aggettivo «esclusivo» sta lì proprio per escludere qualsiasi altro genere di interesse. Inclusi quelli personali, familiari o aziendali.  Contravvenire a un giuramento non è solitamente un reato. O le galere traboccherebbero di sposi infedeli e venditori d’automobili usate. Ma neppure è una medaglia che possa in qualche misura illustrare o accrescere il proprio onore e il proprio valore. Quando è colto in fallo, chi si ritrova al centro di giusti o ingiusti mormorii e sospetti non ha che due vie: quella delle dimissioni o quella del martirio.  
Immaginate un attore sul palcosc...

Bagliori di rivolta

Il film è appena ai titoli di testa, ma già si preannuncia avvincente. Prigozhin, capo delle truppe mercenarie Wagner che han sin qui combattuto agli ordini di Mosca in Ucraina, volta le spalle a Putin, inverte la rotta e muove verso il Cremlino occupando senza resistenza la città di Rostov.  Putin risponde blindando i centri del potere a Mosca e allestendo blocchi lungo i mille chilometri che li separano da Rostov. Si rivolge quindi alle truppe della Wagner invitandole a disertare e ad arrendersi alle forze armate a lui fedeli, promettendo ai pentiti la più totale immunità.  L’aria che si respira è quella di una guerra civile, evocata dallo stesso Putin con un esplicito richiamo al 1917, quando i bolscevichi «pugnalarono alle spalle» l’esercito russo impegnato nella Grande Guerra. Questi sinora i fatti, e nulla si può aggiungere, se non alcune considerazioni:  1) Prigozhin è un mercenario a capo di un esercito mercenario. Il quale per definizione combatte dalla parte di ...

Il punto sul MES

La preconcetta quanto tafazziana ostilità che trattiene il Parlamento italiano dal ratificare la riforma del MES, negandone i benefici agli altri Paesi aderenti, è insieme una certificazione di ignoranza, di egoismo di superbia, di masochismo e di profondo disprezzo dei nostri vicini. Se non di malafede. Il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM, nella denominazione ufficiale), è un trattato del tutto estraneo all’Unione Europea (riguarda i soli 19 Paesi dell’Eurozona), che dal 2012 offre a quegli Stati che incontrino una temporanea difficoltà a finanziarsi sul mercato la possibilità (non certo l’obbligo) di accedere sotto precise condizioni ad un aiuto economico. Si tratta insomma di una scialuppa di salvataggio: di uno strumento che nessuno si augurerebbe mai di dover utilizzare, ma che il solo fatto di averlo a bordo può rendere più tranquilla e serena la navigazione.  Ne han sin ora fatto uso soltanto Cipro, Portogallo, Irlanda, Spagna e Grecia. Quest’ultima, in particolare,...

Fisica opposizione

Una vera maggioranza non nasce dalla somma di tante minoranze: una maggioranza è un organismo anche complesso, ma che parla con una voce sola.  Se le minoranze sono oggi tali, è perché il particolarismo delle rivendicazioni, la ristrettezza delle vedute, l’esclusivo legame con una realtà locale o qualsiasi altra oggettiva limitazione ha impedito ad esse di crescere ed affermarsi oltre una certa misura.  Pretendere di unire sotto una sola bandiera programmi politici talvolta opposti e contrari, come quelli portati avanti da atlantisti e antiatlantisti, progressisti e regressisti, eurofederalisti ed euroscettici, materialisti e spiritualisti, legalitari e criminali non soltanto è una missione impossibile: è anche inutile. Perché le distanze, magari tacitate e compresse durante la campagna elettorale, saranno infine destinate ad esplodere in quelle sedi istituzionali dove il molto che le allontana non potrà non aver la meglio sul poco che invece le avvicina.  Una vera maggio...

Gli attaccabrighe

Che il ruolo del perseguitato paghi, è materia che ogni forza di opposizione ben conosce.  Puntare il dito contro un «oppressore», vero o immaginario che sia, non può che suscitare nell’immediato la generale simpatia di chi per diversi motivi si senta «oppresso»: o perché lavora alle dipendenze di qualcun altro, o perché costretto a pagare le tasse («pizzo di Stato»?), o perché schiacciato da indebitamenti sproporzionati rispetto alle proprie possibilità.  Scaricare le colpe su qualcun altro è sempre più facile e appagante che non guardarsi allo specchio per esaminare e riconoscere le proprie.  Più difficile dovrebbe essere impersonare il ruolo di «oppresso» per una forza politica che il caso, la fortuna o la Storia han proiettato ai vertici del Paese, per giunta con una solida maggioranza sia al Governo che in Parlamento. Se nessuno sta più in alto di essa, dove si potrà mai scovare (o inventare) un «oppressore»? Pare impossibile, ma i ben addestrati italici piagnoni, gl...