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Bagliori di rivolta

Il film è appena ai titoli di testa, ma già si preannuncia avvincente. Prigozhin, capo delle truppe mercenarie Wagner che han sin qui combattuto agli ordini di Mosca in Ucraina, volta le spalle a Putin, inverte la rotta e muove verso il Cremlino occupando senza resistenza la città di Rostov. 

Putin risponde blindando i centri del potere a Mosca e allestendo blocchi lungo i mille chilometri che li separano da Rostov. Si rivolge quindi alle truppe della Wagner invitandole a disertare e ad arrendersi alle forze armate a lui fedeli, promettendo ai pentiti la più totale immunità. 

L’aria che si respira è quella di una guerra civile, evocata dallo stesso Putin con un esplicito richiamo al 1917, quando i bolscevichi «pugnalarono alle spalle» l’esercito russo impegnato nella Grande Guerra.

Questi sinora i fatti, e nulla si può aggiungere, se non alcune considerazioni: 

1) Prigozhin è un mercenario a capo di un esercito mercenario. Il quale per definizione combatte dalla parte di chi lo paga. La prima domanda da farsi è dunque: chi in questo momento paga la pagnotta alla Wagner? Follow the money. Forse gli oligarchi russi coi beni all’estero da troppo tempo bloccati? O quei nemici interni persino più feroci di Putin, come la fronda nuclearista? O l’inimmaginabile, come Israele o la Cina?

2) Come reagirà la popolazione? Non soltanto nelle due sole vere città (Mosca, Pietroburgo) ma anche e soprattutto in provincia. A Rostov l’avanzata di Prigozhin non ha incontrato alcuna seria resistenza, ma neppure si intravvedono avvisaglie di insurrezione popolare, né si vede gente in piazza: quella che, per dirla con De Gregori, «quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti che sanno benissimo cosa fare». E a cui spetterà infine l’ultima parola. 

3) L’offerta di impunità ai mercenari pentiti è da parte di Putin un segno di estrema debolezza: la prova provata che l’esercito della più grande nazione del mondo non dispone della forza necessaria per ridurre alla ragione (o alla non-ragione) 25.000 uomini male armati ma ben determinati. 

4) Machiavelli, che le truppe mercenarie le conosceva bene, così ne scriveva (Principe, XII): 

«Le [truppe] mercenarie ed ausiliarie sono inutili e pericolose. Se [un Principe] fonda il suo Stato sulle truppe mercenarie, non starà mai tranquillo né sicuro, perché esse sono disunite, ambiziose, indisciplinate, infedeli, gagliarde con gli amici, vili coi nemici […] in tempo di pace ti spogliano loro, in tempo di guerra ti spogliano i nemici. Il motivo di ciò è che non hanno altro amore, né altra motivazione che le tenga in campo, se non quel poco di stipendio. Il quale non è tuttavia sufficiente a far sì che essi vogliano morire per te. Vogliono ben essere tuoi soldati fin tanto che non fai la guerra, ma quando la guerra arriva, preferiscono fuggire o andarsene. […] I capitani mercenari o sono uomini eccellenti oppure no. Se un capitano lo è, non te ne puoi fidare, perché sempre o aspira alla propria grandezza, o ad opprimere te che gli sei padrone, o ad opprimere altri contro ogni tua intenzione. Se invece non lo è, ti rovinerà comunque con la propria incapacità».


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