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Lezioni di Armocromia

NERO. È il colore della Meloni. O meglio, per esser precisi, il nero non è un colore, ma è al contrario l’assenza di qualsiasi colore.  Non esprimendo una tinta ben definita, il nero è quanto di meglio si possa immaginare per favorire ogni sorta di alleanze, indipendentemente dalle diverse posizioni di ciascuno: «viva la NATO» o «viva la Russia» possono tranquillamente convivere, così come mafie e legalità, o anche «più bonus , meno tasse».  Il nero, insomma, è un (non)colore che piace.  A patto che in nero, e non in rosso, siano anche i conti in banca degli adepti. Non necessariamente quelli dello Stato. BIANCO.  All’opposto del nero, il bianco è la somma di tutti i colori. Anch’esso è quindi particolarmente adatto per tener cucite insieme le più disparate idee e le più contrastanti visioni del mondo.  Non a caso è stato per lungo tempo il colore della Democrazia Cristiana: un partito di massa che sotto il segno della croce riusciva a raccogliere di tutto e di ...

I furbi e i fessi

Che cosa, in Italia, distingue un furbo da un fesso? Fesso è colui che getta il sacco con l’immondizia dal finestrino dell’auto in corsa e, scoperto, viene sanzionato e pubblicamente svergognato.  Furbo è colui che getta il sacco con l’immondizia dal finestrino dell’auto in corsa e, mai scoperto, comprende di poterla far franca e del suo mal agire pubblicamente si vanta.  Non è dunque il gesto, e neppure la persona, a determinare l’appartenenza o meno di un individuo a questa o a quella delle due opposte categorie, quanto piuttosto l’efficacia dei controlli. I quali non competono a chi redige le leggi (il Parlamento: potere legislativo), ma a chi per compito istituzionale è tenuto ad assicurarne l’efficacia (il Governo: potere esecutivo).  È dunque il Governo, a livello centrale, affiancato da Regioni e Comuni in ambito locale, che con la propria azione/inazione decide  chi può fregiarsi del titolo di «furbo» e chi dovrà invece rassegnarsi all’etichetta di «fesso»....

Mezz'ora in meno

Lucia Annunziata saluta e se ne va. Mai annunzio fu maggiormente annunziato.  Lascia quella RAI di cui pure fu presidente, fiore all’occhiello di una carriera che l’ha vista inviata di guerra e corrispondente dal Medioriente, giornalista, conduttrice televisiva e direttrice di agenzie e testate giornalistiche, scrittrice. Senza scordare i coraggiosi esordi come supplente di Matematica in quel di Teulada, nel sud della Sardegna: prova di vita non meno formativa di quella a suo tempo sperimentata da un imberbe Indro Montanelli liceale a Nuoro. Giovane donna sempre pronta a rimboccarsi le maniche, poco adusa a frignare.  Con un cursus honorum di tal peso, di gran lunga superiore a quello, sommato, di tutti i ministri di questo disorientato governo, insignita di numerosi premi di levatura sia nazionale che internazionale, Lucia Annunziata ha rifiutato di indossare il corto guinzaglio che i nuovi padroni si accingevano a stringerle, e ha lasciato la trasmissione e l’incarico. ...

Ancora all'àncora

Se solo fosse nato in Sardegna, Calenda avrebbe fatto tesoro del proverbio locale: «L’asinello sardo lo fotti una volta sola».  Ma è nato a Roma, e ha dunque annunciato di volersi rappacificare con lo scacciavoti fiorentino, ed insieme ai degni compari di quest’ultimo presentarsi alle prossime elezioni per il Parlamento europeo.  L’asinello romano è evidentemente gender fluid . Cosa mai avrà da guadagnare chi ha comunque raccolto due terzi delle preferenze del Terzo Polo, dall’accodarsi a chi a malapena ne ha conservato uno? Forse il mantenimento del gruppo parlamentare condiviso, coi benefici anche economici che ne conseguono? Ma quanto costerà, in termini di voti, presentarsi ancora una volta a braccetto dell’impresentabile, con un programma necessariamente vago e generico, in attesa di nuove quanto certe imprevedibili capriole? Chi sta da cinque o sei anni con la matita in mano in attesa di poter votare la prima testa pensante che si intravveda all’orizzonte, non può che r...

Ultimo assalto

Continua l’ escalation criminale di quella banda di fossili che, contro il fossile, lorda di carbon fossile quadri, monumenti e architetture d’Italia. Indisturbata.  Ultima vittima: la fontana di Trevi, che dell’arte italiana è forse il simbolo più conosciuto nel mondo. È la «generazione Z», dove la «Z» sta evidentemente per «zozzoni»: devoti della sporcizia che al mattino cercano spazio su giornali e tivù ma alla sera si ubriacano per strada, vomitano birra e vodka e spaccano bottiglie sui marciapiedi.  I costosi risultati delle loro azioni, diurne e notturne, sono sotto gli occhi di tutti. Ma ciò che desta maggior scandalo non è tanto l’asineria di chi è convinto che sia sufficiente l’energia prodotta da quattro mulini a vento per far marciare l’economia di un Paese avanzato (come se magicamente il ferro cessasse di fondere a 1500° e il vetro a 1700°, accontentandosi di una stufetta elettrica), quanto l’impunità di cui essi godono e si fan vanto. È dunque questa la politica...

Cantieri aperti

Consumatasi la scissione in Azione tra Buone Azioni e Cattive Azioni, due sono le considerazioni che il risultato del recente confronto elettorale suggerisce:  1) il numero di preferenze, così come ancor prima della sfortunata unione, premia comunque le Buone Azioni, con valori più che doppi rispetto alle Cattive Azioni;  2) il numero dei deputati e senatori, allettati da facili promesse, pende a favore delle Cattive Azioni, col capoccia impegnato a tempo pieno in una compulsiva operazione di shopping : talvolta a spese dei partiti confinanti, più spesso nella bottega dell’ex alleato pentito. ~~~ Il gatto resta dunque più amato della volpe , ma la volpe mira a impadronirsi dell’intero bottino. Quel che il gatto non avrà mai, è la spregiudicatezza della volpe. Quel che la volpe non avrà mai, è la limpida onestà e la presentabilità del gatto.  Nel mentre, una larghissima fetta di mancati elettori, orfani di un programma politico capace di coniugare visione, serietà ed effi...

Sinistra ping pong

A stento scampato nelle ultime consultazioni amministrative alle cesoie dell’altrui vendemmia, l’ex partito e neo-movimento piddì considera comunque un eclatante successo l’esser rimasto inaspettatamente in vita. In parte un successo lo è, se può chiamarsi tale un mancato disastro.  Un movimento come il piddì, privo non soltanto di una linea politica ma persino di una vera ragione di esistere, se non quella di amministrare al meglio il parco poltronale acquisito in passato, non possiede oggi altra arma per tentare di vincere se non quella del NO: un NO contro tutto e contro tutti. Un NO ora maiuscolissimo, ora minuscolissimo, ora flebile e quasi sottovoce, talvolta travestito da SÌ, se necessario. Ma pur sempre un NO.  Si potrebbe dire che principale attività del piddì consista al momento nel tentare di respingere i non potentissimi colpi dell’avversario, un po’ come quei giocatori di ping pong incapaci di mettere a segno il tiro vincente e costretti in difesa, senz’altro...